Krueger
i ruggiti dell'anima
Krueger
i ruggiti dell'anima
12 - Forestieri al Leon D'Oro
Ormai i lividi erano sbiaditi.. ma che dolore!
Erano passati pochi giorni da quando si era presa a cinghiate per far sembrare che suo marito Gaspardo l'avesse picchiata ed il prete non la denunciasse alla Santa Inquisizione; pochi giorni ma le cose erano cambiate. Guardava sua figlia Mantina al pascolo con le caprette, con il padre vicino; parlottavano, scherzavano, ridevano.
Qualcosa era cambiato; qualcosa aveva scosso suo marito Gaspardo, qualcosa di forte. Lo conosceva bene suo marito, sapeva che era successo qualcosa che l'aveva forse costretto ad abbandonare il lavoro alla fabbrica del Duomo. Sembrava impossibile.
La più grande opera a Torino a memoria d'uomo, suo marito Primo Mastro chiamato per i lavori: contento, orgoglioso, e ora, dopo poche settimane, aveva rinunciato.
Non era tanto per i soldi; sì, pagavano bene, 4 grossi a giornata, ma avrebbe comunque trovato altro da fare e poi il lavoro nei campi richiedeva braccia in tutto il paese; no, non era quello il problema.
C'era qualcos'altro.
Anche quella domenica si sarebbe cenato con tutti gli altri sulla via, com'era abitudine in paese; l'estate era calda ed era un piacere stare insieme a tutti fino a tardi a godersi il fresco fuori.
Così prese la cesta con cibo bevande e stoviglie e di avviò verso il paese ma, prima, andò fare un po' di compagnia a suo marito e alla figlia.
Li vedeva lì ancora a scherzare, Gaspardo e Diamantina; sembrava che lui distillasse dal viso della bambina ogni goccia di gioia per goderne appieno, come se potesse sfuggirgli, come se dovesse fare il pieno di tanta felicità per essere in grado di affrontare altri argomenti più difficili e dolorosi.
Chiese a Mantina di riportare le caprette nella stalla per stare un po' sola con lui. Dopo qualche parola arrivò al dunque; non poteva non sapere, e gli chiede direttamente perchè non lavorasse più alla Fabbrica del Duomo.
"E non mi dire, come hai detto agli altri, che ti hanno chiamato per altri lavori più importanti; io so che non è vero. Ti vedo diverso, più strano e pensieroso; a volte rimani molto tempo con lo sguardo fisso e vuoto. Cosa vedi, cosa pensi?"
Gaspardo guardò la sua donna nel sole dai colori caldi della sera, cercando le parole; ma non le trovava. Cercò con lo sguardo di farglielo capire, cercando di passare quella sofferenza piena di gioia che gli covava nel cuore. Pure sapeva che non poteva mentirle.
"Maria, ho visto cose. Cose che cambiano le persone solo a vederle. Cose che cambiano le cose da come sono".
Sapeva di non aver detto nulla, ma di aver detto tutto quello che era in grado di dire; glielo doveva.
Sapeva perfettamente che qualsiasi tentativo di descrizione dell'esperienza che aveva avuto l'avrebbe sporcata, tanto nel racconto quanto nella sua memoria; era troppo grande per passare nella strettoia di un vocabolario.
"Cose? che cambiano? le persone? le cose?"
"Maria, un giorno saprò dirtelo meglio."
Lei sapeva quanto fosse sincero, quanto la sua reticenza non fosse un negargli qualcosa, ma quanto fosse nell'impossibilità di farlo.
"Andiamo, qualcuno è già arrivato. Mantinaaaaaa!!".
Nella via pricipale tutti erano scesi e disposto i tavoli in strada, affiancandoli; com'era abitudine ognuno aveva portato qualcosa per sè e qualcosa per gli altri. Nella via c'era anche un'osteria, il Leone D'oro, e pure l'oste partecipava alla festa: in quelle serate serviva gli ospiti in tavoli anch'essi allineati con gli altri, a formare un lungo serpentone nella strada.
A grappoli tutti arrivavano, si sedevano, chiacchieravano, cominciavano a mangiare qualcosa con gli altri nell'allegria contagiosa delle sere d'estate.
Dopo la sera in cui Medichino Liegi si era seduto con loro anche la famiglia Liegi partecipava; era una strana famiglia, tutti i componenti sembra fossero sempre in guerra con il mondo; sguardi rigidi, spesso severi, sembravano connotare l'intera parentela. Anche quando si discuteva in chiesa Medichino si distingueva per giudizi netti, forti, spesso esagerati; sembrava utilizzasse queste durezze per mitigare una debolezza che sentiva dentro e che voleva tenere ben nascosta, anche se, a ben vedere, era a tutti nota. Da quando anche quella famiglia aveva cominciato a partecipare alla tavolata della via, i loro sguardi sembravano addolciti, come quelli di chi pensa di avere intorno solo nemici e improvvisamente si accorge che invece no, il mondo comincia a sembrare meno ostile del previsto e riserva invece dolci sorprese.
Dopo il tramonto, le stelle brillavano ed il blu del cielo cominciava a scurirsi; la brezza fresca riposava la pelle, il vino cominciava a scorrere, a rallegrare i cuori e a fluidificare i discorsi; i bambini correvano giocando e gli adulti discutevano e ridevano.
Medichino alzò lo sguardo verso i tavoli dell'oste "Gente nuova...", pensò vedendo un gruppo di persone avvicinarsi. Da subito la mente corse a come ne avrebbe fatto rapporto al duca, guadagnando qualche favore.
Arrivando dalla val di Susa, da ovest, otto persone erano comparse sulla via; alcune erano entrate nel Leone d'Oro e se ne stavano uscendo indicando agli altri i tavoli dove sedersi; proprio quei tavoli allineati con gli altri nella via.
Com'è normale quando nuovi arrivati si presentano in un gruppo, tutti un po' ammutolirono e per qualche secondo i commensali cominciarono a squadrare i nuovi venuti e a studiarsi gli uni gli altri.
Non sembravano del posto; nessuno li conosceva. Forestieri.
Dalle vesti si capiva che non erano militari, non erano commercianti, non erano uomini di Chiesa. I vestiti erano di strana foggia e colori; sembravano impolverati di una polvere bianca.
Quando cominciarono a parlare con l'oste si capì che parlavano un'altra lingua; forse il castigliano.
Dalle tavole si rizzarono le orecchie, per capire qualcosa di più. Il forestiero che stava parlando alzò la voce e si capì quale fosse la lingua straniera: era fiorentino! Si poteva capire! Certo, era molto strano e si faceva fatica ad intendere tutte le parole.. e quella strana cadenza poi! Ma una volta fatta l'abitudine, tutto era più chiaro.
Anche i forestieri squadrarono il tavolo, un po' intimoriti; poi, uno alla volta, si sedettero sulle panche accanto ai tavoli.
Tutti ripresero la cena, ed il brusio della conversazione tornò a coprire i rumori delle stoviglie.
Maria, un po' sfrontatamente, guardò i nuovi arrivati. Begli uomini, pensò e, non facendosi vedere, li squadrò uno ad uno. Gente strana, foresta... chissà come sarà parlare con loro. La sua vicina le diede di gomito.. "Ehi che fai? Ti rifai gli occhi?" Maria sorrise, e di sottecchi continuò il suo esame.
Forti, erano uomini forti; forse operai, ma di qualche professione altolocata; tutte quelle fibbie, quei tessuti, quelle pelli e.. le scarpe! Poi, erano persone distinte, eleganti. Parlavano tra loro a bassa voce, sorridendo. Mangiavano piano, senza abbuffarsi, nonostante la fame trasparisse dalla costanza e quantità di cibo che consumavano. Bevevano piano, non tracannavano come gli uomini del posto; inoltre, non bevevano mai dalla bottiglia. E che bei sorrisi, che bei volti.. lineamenti così diversi da quelli del posto, induriti dalla fatica, e grezzi, tagliati con l'accetta; sembravano più rotondi, armoniosi, molto meno spigolosi, con quei capelli più scuri che contrastavano con i denti che lampeggiavano nei frequenti sorrisi... se li stava mangiando con gli occhi.
Il prete, passato anche lui a fare buona compagnia, la stava fissando e alternativamente guardava in direzione del suo sguardo, verso i forestieri; quando Maria alzò gli occhi e lo vide arrossì di vergogna mentre lui scuoteva la testa e gli indicava con il capo Gaspardo, come a dire "pensa alla tua famiglia!".
Quando il prete se ne fu andato riprese il suo esame, parlottando con la vicina, spiando i forestieri e commentando su ognuno.
Arrivarono a parlare di uno dei forestieri con i capelli riccioli ed un pizzo nero; come gli altri sorrideva e parlava ma lo sguardo conservava qualcosa di serio, compunto, distaccato. La vicina glielo fece notare "guarda che occhi ha quello in fondo al tavolo... anche quando ride hanno una forza seria, potente; se fossi tra le sue braccia... ".
Maria nascondendosi un po' di sottecchi osservò quello sguardo sorridendo della sua bravata.
In quell'esatto istante lui la fissò.
Durò un solo attimo, ma Maria non ricordava di aver vissuto attimi così lunghi nella vita.
Distolsero gli occhi insieme; lei rimase colpita da qualcosa che le aveva scavato dentro un dolore forte, mentre lui continuava a sorridere e conversare.
Si alzò, si spostò di posto, andò vicino a suo marito e sedendosi si appoggiò a lui, cercando di avere un suo braccio sulla spalla, accucciandosi e cercando protezione, rassicurandosi.
Il cuore le batteva forte; ma non era innamoramento, o non solo quello, l'avrebbe riconosciuto. Era spavento, in quegli occhi aveva visto abissi, aveva riconosciuto un proprio dolore.
Così, appoggiata a suo marito Gaspardo, sentiva la conversazione degli altri da lontano cercando di capire cosa l'avesse colpita. Anche da quella posizione vedeva lo straniero da lontano; alzando gli occhi, invece, il volto rassicurante di suo marito.
Dopo un paio di volte in cui aveva spostato l'attenzione dallo straniero a suo marito... capì!
Era una illuminazione: quello che aveva visto negli occhi di quell'uomo era la stessa cosa che aveva visto negli occhi di suo marito! Ma in quell'uomo era molto, molto più forte e chiaro. Non sapeva cosa fosse, ma invocò la Luna - che Dio la perdonasse - che concede alle femmine la dote di conoscere gli uomini ad uno sguardo per capire di più.
La cercò con gli occhi, la Luna; la vide, e ne fu rassicurata; si rinforzò l'idea che tra quello straniero e suo marito c'era qualcosa in comune, e passava dallo sguardo.
Un po' più tranquilla, volle dirlo al marito.
"C'è una persona, laggiù, che ha uno sguardo molto... strano. Sarò forse un po' confusa per quello che mi hai detto stassera, ma mi ha colpito molto.
"Chi è?"
"Quello laggiù, l'ultimo al tavolo del Leone d'Oro, dalla parte di fronte a noi. Capelli neri, ricci, pizzo.
Gaspardo stava masticando dell'uva, guardò distrattamente in direzione dello straniero.
"A me non sembra, non vedo nulla di strano" E tornò a mangiare.
Poi si bloccò.
La masticazione rimase a metà, con un acino d'uva appena morso in bocca, lo sguardo fisso sul tavolo, mentre Maria lo guardava interrogativa.
"E ora che c'è, Gaz?"
Gaspardo si alzò in piedi, guardò lo straniero che stava conversando, fece due passi per guardare meglio, ed esclamò, zittendo tutti:
"Bernardino!"
Lo straniero si voltò verso la voce che lo chiamava e gli si illuminò il viso.
"Ma guarda! Che sorpresa! Tu sei..."
E i due uomini si avvicinarono in piedi
"... Gaspardo! Gaspardo de La Cacia!"
Si abbracciarono forte, ridendo
"Bernardino de Antrino! Nel mio paese! Che gioia!"
Gaspardo scorse uno ad uno i forestieri, con uno sguardo ammirato:
"E questi sono tutti i... tuoi?" Chiese Gaspardo, indicandoli.
"Sì, sono i miei", disse orgogliosamente, e con un ampio gesto li indicò tutti.
A quel punto la comunità del paese intero era rivolta verso gli otto nuovi venuti, che fecero il gesto di alzarsi e accennaronno un inchino pubblico. Di fronte a tanta educazione, qualche donna pensò seriamente di poter svenire... a confronto dei propri uomini!
"Sono i miei scalpellini, sì, arriviamo da Bussoleno e andiamo alla Fabbrica, abbiamo fatto tardi e ci siamo fermati per strada a riposare".
Maria guardava Gaspardo; il suo viso era illuminato come poche volte l'aveva visto, mentre si rivolgeva all'oste.
"Appendi un cartello nuovo sulla tua locanda; potrai dire di averli ospitati!"
L'oste lo guardò interrogativo; così gli altri, e la voce "e chi saranno mai questi?" serpeggiava lungo i tavoli, così l'oste chiese chi mai stava ospitando quella sera.
Tutti erano ammutoliti ad aspettare la risposta, l'aspettativa vibrava nell'aria.
"I Maestri Comacini!" quasi urlò Gaspardo, felice.
Nessuno disse nulla; nessuno sapeva chi fossero questi 'maestri comacini'.
L'oste disse "Ah", e l'atmosfera si fece ancor più interrogativa e un poco scettica.
Gaspardo riprese ad alta voce:
"I Maestri Comacini, i più grandi costruttori di cattedrali d'Europa! Qui, a La Cacia!"
Questa volta lo stupore disegnò i volti di tutti, oste compreso, che dopo un attimo di esitazione corse a prendere qualche bottiglia "Queste le offro io!! per tutti!!"
Ripresero a mangiare e bere, rosi dalla curiosità e ammirati da questo gruppo di stranieri così famosi e importanti.
Maria poi, che già ammirava quel gruppo stava insieme sbiancando dal desiderio e arrossendo dalla vergogna per quello sguardo, e si disse che potersi sedere a quel tavolo sarebbe stata la cosa più strabiliante che sarebbe potuta capitare quella sera, quell'estate, quell'anno! seppure così impossibile, lei così ignorante di fronte ai... costruttori di cattedrali!.
Nonostante questo guardò la Luna ed espresse il desiderio; la guardò intensamente, forte, con uno sguardo così speranzoso che sembrava avesse le unghie, era così impegnata che non sentì la richiesta del marito "Vieni, ti presento ai miei amici" che qualcuno dovette scuoterla e la vicina già era corsa "posso venire io al posto suo?!" facendo ridere tutto il tavolo.
Così si strinsero in tanti intorno al tavolo del Leone d'Oro, per sentire e curiosare.
Tutti sapevano che Gaspardo aveva lavorato alla Fabbrica del Duomo e che quello doveva essere il legame con quelle persone.
Bernardino cominciò a parlare:
"Non ti ho più visto, Gaspardo, alla Fabbrica; neanche il tuo amico Stefano. Che è successo?"
"Chi hanno preso al mio posto?"
"Bernardino di Revigliasco"
"Brava persona, hanno fatto bene"
"Ne cambieranno altri venti, vedrai, per trovarne uno bravo come te"
Gaspardo arrossì. Si, arrossì, come un bambino. Bernardino di Antrino dei Maestri Comacini pubblicamente gli aveva fatto un complimento del genere! Dov'era il Beccuti, quello che li pagava? Dov'era il Cardinale della Rovere? Oh, Dio! Avesse potuto fissare quell'attimo per sempre!
"Dimmi, perchè te ne sei andato?"
Tutti, nel paese, si erano chiesti perchè avesse abbandonato quel lavoro; tutti volevano sapere.
Sopra tutti lo voleva sapere il prete, che silenziosamente era scivolato vicino a loro per sentire meglio.
Medichino già assaporava il servigio che avrebbe fatto al duca ripetendogli tutto, e calcolava i favori che avrebbe fruttato.
Maria era tuttorecchi, i nervi tesi allo spasimo.
Gli aveva fatto la stessa domanda qualche ora prima; lei, sua moglie, l'ultima degli ignoranti. Ora c'era quest'uomo, grande, importante, e diomiperdoni - bellissimo - che la ripeteva... cosa avrebbe risposto suo marito?
Gaspardo abbassò gli occhi, come a trovare le parole; di nuovo, quel giorno, la ricerca affannosa nel proprio vocabolario di qualcosa che non esiste.
Poi li alzò, drizzò bene la schiena, e guardando Bernardino disse ciò che aveva detto a sua moglie:
"Ho visto cose. Cose che cambiano le persone, e che cambiano le cose"
Tutti in una specie di telefono senza fili si guardarono e ripeterono uno strano ammasso di parole con 'cose', 'persone', 'cambiano' eccetera, senza capirne il senso.
Bernardino lo guardò fisso, agganciando gli occhi ai suoi.
Si fece un silenzio assurdo.
Gli appoggiò una mano sulla spalla, e disse sottovoce, come per non farsi sentire, ma tutte le orecchie tese udivano:
"'...et quod est superius .... est sicut quod est inferius...' questo hai visto?"
Gaspardo per la prima volta da molti giorni sorrise tranquillo, e rispose piano:
"...ad perpetranda miracula rei unius...".
"Non voglio più sentire nulla!!!!"
Urlò il prete inferocito, brandendo il crocifisso che aveva al collo verso loro.
"Basta! Allontanatevi da questo luogo, andatevene! Servi di Satana! Adoratori del demonio! E voi gente di La Cacia, tornatevene nelle vostre case e dimenticate queste parole demoniache.
Tu, Gaspardo, mio parrocchiano... il demonio si annidava nella mia gente, ma mai avrei sospettato di te! Ecco come s'è infettata Maria!
Ma vedrai la potenza del Signore scatenarsi su di te!
Gente di La Cacia, prendete Diamantina, salvatela, toglietela a questa coppia diabolica perchè la sua anima sia salva! Un padre adoratore del dimonio, una madre strega seguace di Ecate che prende la guazza nella notte del Precursore di Nostro Signore Santo Giovanni! Questo doveva accadere qui, per il tuo volere Dio mio, quale croce si è abbattutta su questo paese e sulla mia testa, ma vedrete... vedrete gente tutta di La Cacia.. la forza di nostro Signore Gesù Cristo purificherà questa comunità con il fuoco della Santa Inquisizione! Domani stesso il vescovo saprà tutto!"
La massa imponente del sacerdote era tutto protesa verso la coppia, il viso adirato illuminato sinistramente dal basso, dalle torce sui tavoli; sia Gaspardo che Maria erano impauriti a morte.
Medichino Liegi era in uno stato prossimo alla felicità; ripeteva assiduamente sottovoce le parole sentite per poterle ricordare e poi riportare al Duca.
Nessuno si mosse, nonostante l'invito del prete; tutti guardavano i forestieri, poi Gaspardo e Maria, poi il prete.
"Domani il vescovo non lo saprà".
Uno dei forestieri aveva preso la parola; si alzò, camminò intorno al tavolo e si pose davanti al sacerdote.
Il curato, ancora violaceo di rabbia, inveì:
"Giuro che domani lo saprà, fosse l'ultima cosa che farò nella mia vita! Un vescovo che adora così il suo territorio non può essere informato! E voi chi siete?"
Lo guardò di sottecchi per un attimo e quindi:
"Sandrino di Giovanni" e fece un largo inchino plateale "per servirla reverendo" tutti ridacchiarono un po'.
Tranne Gaspardo; a cui cadde la mascella dallo stupore; Sandrino di Giovanni! Di fronte a lui! Ma che notte magica mai poteva essere quella!!
Riprese, quasi declamando perchè tutti sentissero:
"Domani il vescovo non lo saprà, perchè è a Roma; voi non riuscirete a raggiungerlo... a meno che voi non abbiate una scopa da strega per volare " - il suo sguardo lo scorse da capo a piedi - "un po' rinforzata, però, vista la corporatura"
Tutti risero, tranne il curato a cui anche le orecchie erano diventate viola.
"Come osate?"
Sandrino riprese "Il vostro cardinale vescovo se ne sta comodo a Roma a rigirarsi le nappine; molto meglio là che non qui ad accudire le proprie pecorelle"
"State parlando del nipote di sua santità Sisto IV!! Badate a come parlate!"
"Nipote... nipote... ne siete sicuro?"
"I Della Rovere sono un casato nobile da sempre!! Ed è gloria del nostro territorio avere come Vescovo il nipote del Papa!"
"Forse vi sfugge qualche dettaglio, mio caro curato. Sisto IV appartiene ai Della Rovere di Savona - brava gente, si sa, ma.. abbastanza ignoti diciamo, senza alcuno straccio di nobiltà.
Viceversa il nostro caro vescovo Domenico appartiene ai Della Rovere di Vinovo: molto più nobili e soprattuttomolto più..." - fece una lunga pausa - " e molto più danarosi!"
Disse scandendo l'ultima parola e cercando lo sguardo dei propri compagni, dai quali ricevette approvazione.
"Non sono neanche lontanamente parenti, nonostante che lo zio indichi il suo nipote Domenico come suo protetto. Anzi, in realtà lo zio 'acquisito' non aveva nemmeno 'adottato' il nipotino Domenico, bensì Cristoforo, suo fratello; venendo lui a mancare Domenico ne ha - diciamo così - assorbito le funzioni di protetto del Papa, recandosi a Roma ed ereditando le cariche del fratello: l'ordine di San Vitale, l'arcivescovado di Tarantasia e quello di Ginevra, tutte rendite non da poco! Quindi, caro il mio curato, non sono neanche parenti, nonostante si spaccino come tali! Sisto IV scambia quarti di nobiltà con cariche ecclesiastiche!"
Il curato sentiva che tutte le sue pecorelle stavano perdendo la fiducia in lui, o il timore che faticosamente era riuscito ad inculcare.
"Ma quali eresie sto sentendo! E' una combutta del demonio contro di me stassera? E se così fosse, com'è possibile che Domenico Della Rovere sia diventato vescovo di Torino?"
"Freddo ai piedi!" rispose un'altro dei forestieri; gli altri risero.
Sandrino fece un cenno di approvazione all'intervenuto e riprese: "Freddo ai piedi sì. Ginevra era troppo fredda; così l'ha scambiata con Torino. Più che l'amor per il territorio, valsero i geloni."
A questo punto piantò lo sguardo in quello del curato:
"E se mai voi osaste dire qualcosa al vescovo di ciò che avete sentito qui, e di cui non potete aver capito nulla, sarò io a fare eccezioni sul vostro operato in questo paese, spiegando molto dettagliatamente come andate terrorizzando le vostre... pecorelle; sarò anche tanto convincente nello spiegargli che un curato così energico troverebbe un'ottima collocazione nella lontana Tarantasia, terra di conversione dei turchi, dove c'è bisogno di coraggiosi sacerdoti come lei. Il vescovo mi deve molte cortesie, sarà così gentile da accordarmi volentieri questa richiesta."
"Sentirete ancora parlare di me!" Urlò minacciosamente il curato andandosene.
Si sedettero tutti mentre l'oste portava ancora alcune bottiglie, continuarono a parlare e discutere; le famiglie poco alla volta tornarono a casa, raccontandosi l'un l'altro le scene e le parole della incredibile serata.
Bernardino lisciandosi il pizzo volle riprendere il discorso con Gaspardo.
"Possiamo parlare qui? E' gente fidata?"
Gaspardo si guardò intorno; erano rimasti lui, la moglie, Stefano, che aveva lavorato con lui alla Fabbrica, e pochi altri amici; disse "sì, puoi parlare, di questi mi fido".
Quello che tu hai visto, quando hanno pronunciato quelle parole, è un rito; ma non un rito di quelli che sei abituato a vedere, un rito diverso.
Il suo scopo, come tu hai detto è cambiare, o meglio trasmutare, le cose. Non lo può fare un uomo da solo; è necessario una coppia, un maschio ed una femmina, perchè si deve essere completi, devono esserci gli estremi per far nascere il miracolo, per questo 'quod est superiusest sicut quod est inferius ad perpetranda miracula rei unius'. Questo messaggio è però, come dire, abbagliante; non lo si riesce a vedere senza bruciarsi gli occhi ed è per questo che tu sei rimasto, diciamo così, bruciato dall'averlo visto."
Tutti gli altri forestieri erano intorno e sembravano ascoltare con la massima attenzione ciò che diceva Bernardino. Si capiva che tutti custodivano un segreto, ma non tutti erano in grado di parlarne, ed avevano rispetto e ammirazione per il modo semplice con cui lo si stava spiegando.
"Noi siamo qui per scolpire questo messaggio nei marmi del Duomo Nuovo."
Gaspardo chiese "Ma se non è stato il Cardinale, che mi sembra non goda della vostra fiducia, ve l'ha chiesto il Papa, sua Santità Sisto IV?"
Un brusio misto ad un sorriso mesto percorse i forestieri.
"No, non è stato lui."
"Allora... Meo del Caprina, il progettista del Duomo?"
Questa volta il brusio fu molto più forte, addirittura qualcuno sembrò ridere".
"No, neanche lui."
"E poi Gaspardo, tu stesso l'hai visto: Meo è arrivato dopo i primi lavori. Se fosse stato il progettista sarebbe arrivato prima a dirigere i lavori."
"Come? Amedeo da Settignano, il famoso Meo del Caprina... Non è lui che ha progettato il Duomo? Mi si era detto così!"
"No, non è lui. E nemmeno Baccio Pontelli, amicone del vescovo e del Papa, nonostante che qualcuno lo sostenga."
"Bernardino... devi dirmelo: chi ha progettato il Duomo?"
"Quello che ci ha detto come fare i marmi."
"E chi è?"
Bernardino rispose piano "Non lo si saprà mai. Ci sono cose, del Duomo Nuovo, che nessuno saprà. Ci sono cose...".
Fece una pausa, come a soppesare se parlarne o meno, e riprese;
"Ci sono cose, nelle tre chiese che avevi cominciato ad atterrare, che custodicono sapienze che hanno richiesto mille anni di germinazione del seme di Cristo. Non potevano andare perse. Così qualcuno si è prodigato perchè dalla dissennata opera del vescovo e attraverso i suoi soldi nascesse qualcosa che non ne perdesse l'eredità"
"Dissennata? Il Duomo Nuovo?"
"Oh, Gaspardo, sapessi. Domenico Della Rovere è ambizioso, pieno di soldi che versa, ottimo amministratore e oculato investitore nell'arte; un poveraccio, in poche parole. Non sa niente, non conosce niente dei misteri delle cattedrali. Ci sono tre chiese che sono tre tesori di mille anni; vuole abbatterle, fare una piazza con un Duomo alla moda nuova, perchè tutto quello che è antico va buttato in quest'epoca di rinnovamento, in cui tutto vuole nascere nuovo. Lui ha così tanti soldi che non la Chiesa, ma la sua famiglia si è accollata l'onere dell'intero Duomo. Ed è così ambiziso che ha richiesto che il suo nome fosse ripetuto in grande tre volte nella facciata. La Chiesa paga solo i lavori di demolizione; infatti tu sei stato pagato dal Beccuti che si occupa delle rendite della Chiesa di Torino."
"Ma il vescovo sa chi ha progettato il Duomo?"
Certo che lo sa, non è stupido. Qualcuno gli ha spiegato tutto, ha cercato di illuminarlo, spiegando; per questo il progetto è partito molto prima che tu cominciassi a lavorare e a Meo del Caprina è stata data la direzione dei lavori dopo. Quando il vescovo, cardinale della Rovere, ha cominciato a capire quello che stava distruggendo ha cercato di carpirne i segreti e ha voluto utilizzarli per sè ma... gli è andata male"
Su fermò e guardò uno dei suoi compagni, come ad aspettare che prendesse la parola.
"Questo lo racconto io!" Disse l'uomo a cui aveva accennato, dal volto coperto da un cappuccio.
Gaspardo gli disse " e allora racconta!"
Fu invece Sandrino a parlare "Quello che ti voleva dire Meo è che lui lo racconterà nei marmi, sarà lui a scolpire quello che il cardinale ha fatto scrivendolo nei marmi;"
"Nella porta in cornu evangelii"! Esclamò quello che aveva parlato prima, proseguendo con una grande risata.
Gaspardo deglutì "ma... ma... non mi direte che lui è Meo del Caprina, Amedeo da Settignano?"
Bernardino riprese "No! Lui è Bartolomeo Delli Charri e ti dirò che come scalpellino vale più del tuo 'Caprino'. Chi ha progettato la chiesa ci ha dato i disegni dei marmi della facciata: oggi siamo andati a Bussoleno per verificare la qualità della pietra, che sembra ottima."
"Ma quindi tutta quella conoscenza, come dici, verrà distrutta?"
"Si Gaspardo; e in parte sei stato tu a farlo."
"Ma io ho fatto solo quello che mi hanno chiesto!"
"Non ne hai colpa; ma qualcosa ti è ricaduto addosso, certe opere non possono essere distrutte senza che in qualche modo si vendichino. Tre chiese unite da mille anni di storia, il Chiostro del Paradiso, la Sapienza, il mosaico di san Solutore... come si può voler distruggere tutto questo?"
In Gaspardo il ricordo delle grandi finestre della Sapienza e dei suoi libri, in quel posto dove aveva visto per la prima volta l'alchmista, gli rasserenò il cuore.
"Perchè si vuole un Duomo alla moda nuova, quando ci sono così tante cose belle e potenti? Ci sono cose lì che hanno profondità insondabili.. ad esempio l'organo, l'organo tra le due chieese, tra san Giovanni e san Solutore: è ... magico!
Gaspardo si illuminò: "Sì, l'ho visto!!! E' vero, e vero! Suona da solo!"
Bernardino rise. " Sì... e non solo questo. L'organo, o meglio gli organi, sono così antichi che le loro origini si perdono nella notte dei tempi.
Sembra che abbiano... detto delle cose, si, si narra che abbiano parlato; ed il cardinale non ne èstato molto contento di ciò che ha sentito.
Tanto che solo tre anni fa, nel 1488 ha fatto fondere tutto il metallo per fare delle canne nuove; se n'era incaricato l'alchimista, Johan Crugherio, forse è quello che hai visto.
Fatto sta che l'organo nuovo sembra che non volesse star zitto... ed ecco prendere corpo l'idea di atterrare tutto!!"
Gaspardo era sconvolto da tutte queste novità.
"Si ricordo una notte passata vicino a quell'organo.. sono quasi morto di paura!"
E raccontò quello che aveva detto a quella stessa tavola sull'organo, qualche settimana prima.
Bernardino, e tutti gli altri, erano diventati estremamente attenti.
"Sei arrivato molto avanti nel rito, pochi occhi l'hanno visto; non mi stupisco che tu ne sia ancora scosso, è un mistero profondo. Ma dimmi, dopo questa danza, hanno tolto anche i mantelli?"
"Sì..."
"Anche questo!!! ma non avrai anche visto cos'è successo dopo?!"
"Oh, si. Questo è stato solo l'inizio..."
Le altre parti sono nell'album Krueger
[Abbazia Di San Vincenzo Al Furlo]
C'è la pagina Facebook di Krueger, e il romanzo si può approfondire e comprare su krueger.losero.net.