Krueger

i ruggiti dell'anima

di Leo Altoriso

21 - pensieri pesanti

Parlare con quella ragazza, Minah, gli faceva uno strano effetto; dapprima si sentiva come se fosse il professore, e lei la sua allieva. Poi, procedendo con il discorso, lei assumeva maggiore importanza, diventava grande, importante, fino a raggiungere il livello della donna della visione.

Si erano appena salutati e lui portava ancora addosso la sensazione dolce di averle coperto la mano con la sua; quand'era successo si era sentito bene, aveva avuto l'impressione di aver fatto esattamente ciò che andava fatto, di essere esattamente al posto giusto. Addirittura sentiva di avere tenuto una compostezza formale nel compiere quel piccolo gesto, un'eleganza della quale si compiaceva.

Non sapeva assolutamente giustificare questo concetto; non era un pensiero a renderlo palese, quanto piuttosto una emozione innata, un sentimento del quale non aveva il controllo, come se dentro di sè ci fossero all'opera altre intelligenze oltre alla sua che mettessero in scena rappresentazioni di cui lui era l'inconsapevole attore, ma non l'autore.

Riconduceva questi concetti ad altri simili a cui spesso pensava: uno di questi era lo sceneggiatore dei sogni. Si chiedeva dove fosse l'autore di queste sceneggiature, chi scrivesse la storia dei suoi sogni, da dove venisse la trama. La logica gli rispondeva che non poteva che essere dentro di lui, e quindi poteva essere una di quelle intelligenze che gli guidavano i gesti; i libri che gli avevano spezzato il cuore avevano molte risposte a queste domande, ma il tempo gli aveva insegnato che quelle risposte erano vere e valide solo per chi le aveva scritte, esattamente come le ricette alchemiche per la pietra filosofale.

La risposta andava ricercata dentro di sè, pensava; anzi, nella parte di sè stessi dove ragione e intelligenza perdono il loro dominio, in quelle zone perdute alla testa ma conosciute al cuore che generano sensazioni forti, trasporti incontrollabili, la cosidetta 'libido', un'energia incontenibile con radici sconosciute.

Proprio per questo era così interessato alle perversioni sessuali; potenze libidiche incontrollabili, al di fuori del dominio della coscienza, così forti da essere in grado di cambiare la vita delle persone. Così poco 'normali', così poco soggette alla logica da essere totalmente in preda all'istinto che deriva dalle zone basse e profonde dell'essere umano, da quelle tenebre così piene di significato che così tanto gli piaceva indagare, e nelle quali solo la religione aveva osato dire qualcosa.

In questo senso per lui Verdiana era preziosa; oltre ad essere una raffinata conoscitrice dei labirinti nel profondo degli uomini era anche una traghettatrice, cioè una persona in grado di portare gradatamente gli uomini nelle loro profondità, in quelle zone dove paradiso e inferno sono così vicini.

Scoppiò a ridere da solo, di una risata incontenibile, stupida e leggera, che gli liberò l'anima per un attimo dai pesi che stava reggendo.

Pensò infatti che questa figura del traghettatore, di colui che accompagna le anime nella profondità della loro esistenza o nell'aldilà, in termini religiosi sarebbe chiamata la figuro dello 'psicopompo', così come viene definito, per esempio, l'arcangelo Michele.

Pensare ad un biglietto da visita di Verdiana, psicologa, con su scritto

Verdiana Bonavischio

- psicopompa -

lo faceva morire dalle risate per gli ovvi doppisensi volgari che avrebbe generato.

Decise, ridendo ancora, che questo forse non lo avrebbe detto a Verdiana, dopo qualche ora, quando si erano accordati per incontrarsi per un aperitivo insieme.

Intanto doveva passare dal preside Guerrini come aveva promesso; per questo tornò in istituto.

Già in portineria trovò una sorpresa; il superiore generale della congregazione era giunto da Roma; probabilmente chiamato dal preside, visti i contorni preoccupanti che la sua vicenda cominciava ad assumere.

Lo salutò cordialmente e seriamente; pur essendo una persona d una certa simpatia, atteggiava sempre il viso ad una espressione seria e preoccupata, lasciandosi andare in rari casi ad espressioni di riso molto controllate, più spesso cupe, utili a rimarcare l'importanza del momento.

Era l'unica persona a sapere da dove venisse Krueger, prima di essere introdotto in congregazione; l'aveva accolto per ripagare un debito di riconoscenza.

Sapeva che Krueger non era mai stato ordinato sacerdote.

Per questo li legava una certa complicità; si rispettavano a vicenda, pur senza avere una amicizia che andasse al di là dell'ordinario.

Insieme salirono nell'ufficio del preside, che li stava attendendo con il viceispettore. Insieme stavano parlando in modo fitto e concitato, si interruppero bruscamente all'arrivo di Krueger e del superiore generale.

Si sentirono in dovere di giustificare questo loro silenzio improvviso, fu Guerrini a farlo:

"Ahimè, non è mai finita.

Oltre a tutto ciò che sta succedendo che mette in pericolo il buon nome della nostra Istituzione, ho dovuto ricorrere alla polizia per un altro fatto increscioso."

"Donald, che è successo? riguarda sempre la scuola?"

Chiese il superiore.

"No, è una vicenda personale. Ieri sera mia sorella Ingrid è stata... E' stata..."

Gli mancavano le parole.

Fu il viceispettore a parlare:

"Nulla di grave, ma siamo stati chiamati dal 118 che l'ha trovata riversa nei bagni di un locale dopo aver avuto un attacco di epilessia."

"Lei non ricorda nulla" - riprese il preside - " ma lo stato in cui l'hanno trovata, bagnata nei suoi liquidi... sangue e urina"

Il preside si mise le mani tra i radi capelli, poi riprese con una voce flebile:

"Fatto sta che era in stato di choc, non sapeva come giustificare l'accaduto. Ora riposa a casa."

Stettero un attimo in silenzio, fu il viceispettore a riprendere:

"Ma siamo qui per altro; vorrei informare il superiore generale, il preside e lei, padre Krueger, delle ultime notizie sull'indagine relative al Destefani."

"Abbiamo acquisito le immagini delle telecamere in zona; si vede distintamente il Destefani entrare nell'androne dell'appartamento in cui è stato ucciso, seguito da un'altra persona, probabilmente l'assassino; ho qui le immagini"

Krueger ricordò una situazione simile, quando era stato accusato di pedofilia; quando gli dissero che c'erano le immagini si era rilassato, certo che avrebbero portato a chiarimento; invece avevano peggiorato la situazione.

Per questo i pensieri questa volta furono più cauti, anche se una forte curiosità lo stava portando a guardare attentamente le stampe che il viceispettore aveva in mano, e che stava appoggiando sul tavolo.

Mentre le disponeva in modo che tutti vedessero, le commentò:

"E' una donna, di statura media, vestita in modo elegante, con tailleur e tacchi; viene quasi sempre ripresa da dietro, quando la si vede da davanti porta grandi occhiali scuri che, insieme al bavero rialzato e ad un foulard, le coprono il volto quasi completamente. L'apparente età è tra i trenta e i cinquant'anni, ma non si può dire di più. L'atteggiamento nei confronti della vittima sembra di confidenza; spesso camminando appoggiano uno la mano sul fianco o sulla spalla dell'altra. Le foto sono fatte sotto lampade a vapori di sodio, che emettono luce gialla; per questo tutto sembra in bianco e nero, in realtà le analisi cromatiche hanno confermato che il vestito della signora era viola, e che indossava guanti, nonostante le calure di questi giorni. Questo giustifica il motivo per cui non sono state rilevate impronte digitali.

Queste foto e queste notizie vi fanno venire in mente elementi che potrebbero essere utili alle indagini?"

Il superiore, chiaramente, non sapeva che dire, e guardò il viceispettore con uno sguardo neutro, attendendo notizie.

Il preside sbiancò; evidentemente qualcuno dei particolari l'aveva colpito fortemente, ma non disse nulla di particolare. Tutti notarono, comunque, la sua reazione.

Krueger non poteva fare a meno di osservarlo e fu mentre stava dicendo "no, non mi ricorda nulla di particolare" che fu fulminato da una di quelle intuizioni che gli venivano dal basso.

Cominciò a tremare un poco, impercettibilmente, e a sudare; accolse con piacere la soluzione della riunione con l'invito a ricontattare l'ispettore in caso qualcosa di nuovo venisse in mente, e salutando tutti sperò che il sudore non fosse percepibile dalla stretta di mano.

Poi corse fuori, in preda ai pensieri; era in anticipo per l'appuntamento con Verdiana, quindi si prese il tempo per camminare e pensare.

Il tailleur viola; quello che aveva visto in mano al preside che lo riportava dalla tintoria.

Ma non solo quello fu il pensiero che gli pulsava in testa, ce n'era un altro tremendo,

Quell'uomo delle pulizie che aveva visto uscire dall'appartamento di Verdiana, gli ricordava qualcosa... aveva un profilo familiare... era lui! Era il preside Donald Guerrini!

La testa gli pulsava forte, eppure tutto tornava, poteva essere stato lui, abituato a muoversi in panni femminili, ad impadronirsi del tailleur viola di Verdiana, ad essersi travestito così come faceva durante le pulizie, aver aggiunto una parrucca, foulard, guanti e occhialoni e ad aver strangolato Destefani!

Aveva detto che avrebbe fatto di tutto per salvare l'onore della scuola e... l'aveva fatto! Aveva anche detto che certe persone avrebbero dovuto avere più timor di dio, ed eccolo il perchè della posa di preghiera...

Prima si fece impadronire da questo pensiero, poi, com'era solito fare con i suoi allievi, cercava di contraddirlo per sostenere l'opposto. Ma non era credibile, nel secondo caso; non convinceva neppure sè stesso.

Andò verso l'appuntamento con Verdiana in piazzetta IV marzo, in mezzo alle case con i resti medioevali, incupito da pensieri dolorosi.

Era certo che lei l'avrebbe aiutato a dipanare la matassa.

Non si rendeva ancora conto che altri abissi si stavano spalancando sotto ai suoi piedi.

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