Krueger
i ruggiti dell'anima
Krueger
i ruggiti dell'anima
23 - Serpeggiante
Mi sento potente; ecco, mi sento potente, questo posso dire, sento di essere forte e di avere potenza.
Sulla gente; indistintamente, maschi e femmine.
I tacchi proiettano il mio incedere sereno e sinuoso, cammino per le strade e sento che mi guardano, sento che mi piace; cammino, sento gli sguardi, li lascio posare su di me, lascio che mi aderiscano e mi sento viva.
A volte li cerco, li provoco; a volte voglio anche di più, e cerco di più.
Quasi sempre lo ottengo.
Ci sono cose che voglio ardentemente, ci sono cose che voglio prima di tutto, e non ho ostacoli per ottenerle.
Non so perchè le voglio; sono sempre le stesse, ma quando le voglio succede che non desidero altro e la vita diventa una spirale che lentamente, o velocemente, raggiunge il suo centro.
L'altra sera: gli occhiali, scuri, grandi, mi davano un'aria di mistero che mi faceva innamorare di me stessa.
Poco importa che fosse sera; li portavo e m'innamoravo di me, in ogni vetrina mi guardavo e mi sentivo viva, provocante e bellissima.
Il tessuto frusciava sulle anche che incedevano sinuose sui tacchi, fasciate dalla gonna stretta; il solo camminare già mi inebriava.
E questi capelli così sfacciati, ad incoronarmi il viso; così rossi, cadevano intorno agli occhiali in un modo cosi' lascivo, così femminile, così intrigante. Ed il foulard di seta che mi fasciava il collo... non avrei mai smesso di guardarmi, ero qualcosa di più che bella, ero femmina dentro e fuori.
Quando ho visto il bar e la gente che c'era dentro sono entrata; tutti quei ferormoni esposti sugli sgabelli erano il cocktail di cui avevo bisogno; la spirale si avvicinava al centro.
Mi sono seduta, ho ordinato un calice di Sauvignon e mi sono guardata nello specchio del bancone, sentendo tutte le fantasie degli uomini che mi ronzavano intorno.
Ero incantevole, avrei voluto essere un maschio per farmi la corte.
Il primo di loro a muoversi fu quello che volevo; aveva gli occhi già persi in me, indossava una maglietta con maniche cortissime da cui spuntava il tatuaggio della X MAS sotto la spalla.
E' lui, ho subito pensato mentre mi mormorava frasi all'orecchio.
Non ho capito neanche una parola, non gli ho risposto, ma gli ho sorriso.
Lui ha cominciato ad appoggiare una mano, poi un fianco, su di me; mi ha offerto un altro vino mentre lui continuava a ingoiare liquori opachi.
Mi ha messo un dito sulle labbra; e il centro della spirale mi pulsava forte nella mente.
Io l'ho messo sulle sue, e ho colto l'occasione; ho girato la mano e gli ho coperto la bocca, ridendo.
Lui ha strabuzzato gli occhi, come a fingere di svenire.
Avevo i guantini da guida, quelli traforati color carne; un vezzo che mi piaceva, mi rendeva più sofisticata.
Gli ho premuto più forte con la mano sulla bocca, e con l'altra gli ho chiuso il naso per pochi secondi.
A guardare il suo viso quando ho tolto le mani, sembrava felice.
Gli occhi erano sempre più persi nella nebbia dei suoi liquori, io ero il faro che lo guidava; l'unica cosa che ho pensato è stata spero che non beva troppo; ho bisogno delle sue prestazioni.
Dovevo portarlo fuori.
Mi sono strofinata sulla sua pelle sudata, abbastanza perchè mi seguisse mentre uscivo.
L'ho portato sopra, nelle stanze vuote; l'ho sfinito di tentazioni fin quando mi ha detto fammi quello che vuoi.
Gli ho fatto piegare le ginocchia sull'inginocchiatoio, mentre cominciavo a giocare con le cinghie.
Ogni tanto premevo le mani sulla bocca e sul naso a togliergli il respiro, come prima al bar, e strofinavo il mio ginocchio tra le sue gambe; gradiva.
Quando l'ho legato stretto, continuava ad avere uno sguardo felice; più stringevo, più s'allargava il sorriso.
Quando ho usato il nastrino di cuoio sulla sua gola, mentre il ginocchio si muoveva tra le sue gambe, sembrava molto felice.
Quando tutto finì, sembrava ancora felice; ed io avevo ottenuto ciò che speravo, avevo raggiunto il centro della spirale.
L'unica pecca, aveva sporcato il mio vestito; il mio tailleur viola.
Anche l'altra volta, con gli stessi occhiali e lo stesso vestito in cui stavo così bene, avevo visto quella donna al bancone.
Anche quella volta, non era stato necessario parlare; entrambe avevamo addocchiato una tavolata di uomini e ci eravamo scambiate sguardi d'intesa mentre quei cafoni ad alta voce vantavano le lore imprese.
Era una donna dolce, alta e nervosa; sentivo che era in uno stato di dolce tensione.
Avevamo riso molto, senza parlare; c'era una intesa forte, come se l'avessi conosciuta da sempre, e a gesti riuscivamo ad intenderci subito.
Non so quanto tempo abbiamo passato a quel bancone; molto, comunque.
Ordinai una birra rossa e la spostai verso di lei che mi disse no, questa non posso berla.
Mi mostrai risentita e un poco offesa e finsi di andarmene; questo a lei dispiacque moltissimo.
Così mi fu facile, bagnarmi le labbra della schiuma della birra, guardarla negli occhi e baciarla piano.
Oh, quanto pulsava la spirale quella sera.
Lei mi guardò, come a dire che anche per lei era come se mi conoscesse da sempre; prese la birra rossa e cominciò a berla, fino a finirla.
Ne ordinammo altre due.
Cominciò a non sentirsi bene, andò in bagno.
Io la seguii, premurosa.
Entrammo, e chiusi a chiave la porta dietro noi.
Quando cominciò con i tremori, la accarezzai, e lei sembrava sorridesse, prima che perdesse conoscenza dei propri sensi.
Quando tutto finì, sembrava ancora felice; ed io avevo ottenuto ciò che speravo.
L'unica pecca, aveva sporcato il mio vestito; il mio tailleur viola.
[sacra di San Michele della Chiusa, capitello ]
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