Krueger

i ruggiti dell'anima

di Leo Altoriso

26 - Il corpo, la femmina, il male

"Il corpo, la femmina, il male"

Tornando in auto verso Torino, con il vice ispettore a fianco, Krueger ripeteva come un mantra queste tre parole che gli erano rimaste conficcate in gola; ancora non si rendeva conto di quante cose potessero succedere nell'arco di una giornata, che peraltro non era ancora terminata, e che era cominciata con la corsa del mattino.

I pensieri s'erano presto accumulati tutti nella stessa direzione: come poteva una scultura del millequattrocento avere attinenza con fatti attuali?

Gli fu chiaro che tutta la fascinazione che aveva subito negli anni dai marmi del Duomo Nuovo non era episodica, casuale; c'era qualcosa che lo legava a loro, in qualche modo il motore simbolico che aveva generato quelle sculture era lo stesso che gli stava incidendo sulla vita.

Ripercorse l'intuizione di Ingrid, e la divisione del portale in tre stazioni corrispondenti alle scritte DO RVVERE S CLE, numerandole dal basso all'alto: la prima in basso a destra, la seconda in alto a destra, la terza in alto a sinistra, la quarta... mancava.

I due episodi, corrispondenti alle prime due stazioni, corrispondevano ad eventi tragici.

Nella terza stazione c'era un bucranio, quindi anche qui si poteva riferire ad una femmina, e c'erano animali simili a cani con le code da pesce; queste rappresentano gli istinti del profondo, primordiali, che nuotano nelle acque dell'inconscio, mentre i cani potevano rappresentare l'animalità portata a ragione, l'istinto addomesticato; pensando ad una donna che addomestica gli istinti il pensiero non poteva che andare a Verdiana.

Era preoccupato per lei: la stazione poteva prefigurare un qualche accadimento tragico nei suoi confronti?

Voleva capire qualcosa di più, e tornato in istituto riprese gli studi sui marmi, ritornò sugli appunti che aveva preso.

Riscoprì che quel portale, in cornu evangelii, era stata probabilmente scolpito da Bartolomeo Delli Charri, o de Charri; in quei tempi non esistevano cognomi, probabilmente i Charri erano la zona di provenienza.

Da qualcuno era indicato come uno dei famosi 'maestri comacini', costruttori di cattedrali.

Scoprì anche che aveva lavorato per il Cardinale Della Rovere nei suoi palazzi di Roma, e che aveva con il Cardinale qualche accordo particolare.

Chiese aiuto ad un amico all'archivio vaticano per saperne qualcosa di più; gli rispose dopo poche ore dandogli l'accesso riservato ai testi digitalizzati dell'archivio tra i quali ne trovò parecchi che contenevano il nome di Bartolomeo De Charri: contratti, consegne di denaro, descrizione di lavori; ma nulla che potesse chiarire il significato del portale del Duomo.

Solo in un testo, nella descrizione di un'opera da realizzare, veniva fatto riferimento ad una opera precedente; incrociando qualche dato, Krueger intuì che l'opera precedente era proprio il portale di sinistra del Duomo.

Il riferimento era al significato di quell'opera che, secondo Bartolomeo, era stato lasciato "a Gazpardo De La Cacia, che n'avea promessa custodia etterna in Rocca Provana".

Krueger era daccapo: chi poteva essere questo Gazpardo? E dove questa Rocca Provana?

Una ricerca di documenti con il nome Gaspardo o Gazpardo associato a Bartolomeo Delli Charri gli diede subito la prima risposta: si trattava di un annesso ai 'capituli' sottoscritti tra il Cardinale Della Rovere e Meo del Caprino per l'appalto di costruzione del Duomo, 'pro fabrica ecclesia taurinense', il libro delle giornate pagate alle maestanze addette alla fabbrica, il 'liber iornatorum singularium magistrorum et cooperatorum fabricae ecclesie taurinensis'.

Già nella prima riga, il 'primo mastro' elencato nei pagamenti era 'Gaspardus de la Cacia'; si trattava quindi di un mastro muratore addetto alla costruzione del Duomo.

Come, e perchè, Bartolomeo Delli Charri proprio a lui avesse consegnato il significato del portale non era dato a sapersi; ma se un significato poteva esserci, doveva essere in quella 'Rocca Provana'.

Quel mattino si vide con Verdiana al bar sotto casa sua; era sempre molto curata, ma la trovò particolarmente elegante; splendeva nel sole la collana che le aveva già visto altre volte, quella che aveva due ciondoli, di colore bianco e rosso.

Lei gli parlò della visita del vice-ispettore, senza fare menzione però alle telefonate di Destefani il mattino dell'omicidio.

"Ma quindi la polizia sa tutto di te, e della tua professione?"

"Sì."

"E sanno anche che pratichi l'asfissia?"

"Sì."

"E hanno collegato la morte di Destefani a te?"

"Sì."

Krueger era seriamente preoccupato; a questo punto anche Verdiana era totalmente coinvolta tra i sospettati, anche lei veniva trascinata nel fango per colpa sua.

Ciò che contrastava con la sua preoccupazione era la tranquilla serenità che lei mostrava, come se nulla la sfiorasse.

"E' una situazione grave, non sei preoccupata?"

"Si, forse un po'. Soprattutto per te, sei quello che più di tutti aveva motivi per volere che tacesse per sempre; l'ispettore ha fatto qualche ipotesi su te, anche se non si sa come tu sia collegato con la donna che ha commesso l'omicidio."

"E la polizia sospetta che sia stata tu?"

"Si, sono venuti con quell'idea; hanno trovato da me un tailleur viola compatibile con quello ripreso dalle telecamere. Tu il mandante, io l'esecutore."

"E... ora?"

"Ho un alibi di ferro. In quelle ore ero in casa, avevo una sessione. Il mio cliente potrebbe testimoniare che in quelle ore ero in casa."

"Ma così dovresti farne il nome"

"Oh, in questo caso dovrei farlo, sì; e l'ho fatto, o meglio l'ho fatto intuire al vice ispettore quando mi ha interrogata."

"Ti ha interrogata? Per molto tempo?"

"Uhm, un poco."

"E' stato duro per te?"

Krueger non capì, e non avrebbe mai capito in seguito, perchè Verdiana sorrise di fronte a quella domanda, rispondendo:

"Gli ho fatto capire che lui poteva conoscere bene, fin troppo bene il cliente che avevo in quel momento; e che forse non sarebbe stato delicato, per la sua professione, rivolgere domande ad un suo superiore sull'argomento."

Poi Verdiana lo guardò fisso negli occhi, come ad aspettarsi una reazione:

"Ho detto che anche tu eri in casa mia quella sera, nella parte privata."

Krueger non sembrò reagire in alcun modo.

"Gli hai detto che ci vediamo?"

"Sì, glielo ho detto. Che ci vediamo, che passiamo del tempo insieme, che non coinvolge le mie prestazioni professionali. Ti ho fatto passare come il mio confessore."

Verdiana si fece fintamente seria:

"Non è per questo che ho voluto conoscerti?"

E poi fece una piccola argentina risata.

Krueger ripensò alle prime parole che si erano scambiati, alla richiesta di Verdiana di confessarsi... non era passato molto tempo da allora, ma quanti pensieri, quante emozioni gli passavano in testa da allora!

Tornando al discorso, pensò a quanto il vice ispettore potesse aver creduto a Verdiana.

"Ma ti fidi di lui?

"Sì"

"Come fai ad essere così sicura?"

"Conosco gli uomini."

"Cioè?"

Le disse ridendo, e assumendo un'aria professionale:

"Uh... non è un discorso semplice, ma penso che tu possa capire. Sentimi bene.

Esitono tre tipi di uomini, per quanto riguarda le cosidette perversioni, quelle che conosco meglio.

Al primo tipo appartengono tutti quelli che non hanno mai conosciuto le proprie. Non le conoscono, mostrano un senso di schifo e ripulsa quando ne sentono parlare, si tengono a distanza. Tipicamente le reprimono, e questa repressione si trasforma in atti negativi sul prossimo. Per esempio uomini che hanno un desiderio di femminizzazione che non ammetteranno mai a livello conscio perchè troppo inammissibile a sè stessi per poterlo fare, per i quali questo desiderio che non può avere risposta a volte si trasforma in odio per le donne, la cui immagine ne è la causa, e atti violenti su di loro. A volte giudicano male donne solo perchè hanno una gonna corta o un paio di fuseaux. Questi sono i repressi, a cui appartengono purtroppo molti degli uomini.

Al secondo tipo appartengono coloro che hanno riconosciuto in sè queste pulsioni, o che le riconoscono quando vengono da me, e le utilizzano per andare oltre; le vedono come una fase interlocutoria, forse di crescita, verso altre perversioni o verso una vita tranquilla in cui sono accettate e nella quale se ne cerca il significato, o nella quale vengono tranquillamente superate perchè conosciute. Io ti colloco qui, anche se non ti conosco fino in fondo.

Al terzo tipo appartengono coloro che hanno conosciuto le proprie perversioni e ne hanno fatto un dio: non vogliono altro che replicarle all'infinito, cercando sempre l'emozione della prima volta in cui le hanno sperimentate, costantemente insoddifatti e alla ricerca di un piacere più forte. Destefani era del terzo tipo.

Di quelli del secondo tipo ci si può fidare più tranquillamente, degli altri no. Il vice ispettore l'ho conosciuto, ho visto quanto si conosceva, e come si lasciava andare: è del secondo tipo, per questo mi fido di quello che mi ha detto."

Krueger era ammirato dalla lucidità dell'analisi, e pensava a quanti casi umani potesse aver esaminato Verdiana.

"Capisco..."

Poi il pensiero ritornò ai marmi, e si fece subito serio:

"Verdiana, non so bene perchè, ma penso che tu sia in pericolo."

"Io? Stai tranquillo... ho condotto un lungo interrogatorio con metodi.. convincenti con il vice ispettore, la mia posizione è inattaccabile. E, di conseguenza, anche la tua."

"No, c'è qualcos'altro. Non ci crederai, ma ho trovato nei marmi del Duomo un filo che unisce l'omicidio e lo strano episodio successo alla sorella del preside; questo filo porta ad una terza condizione che deve avverarsi, e penso che riguardi te."

Verdiana era sinceramente stupita.

"Cosa?"

"Penso che nei marmi siano dettate le condizioni per far accadere una opus alchemica, e che tu ne sia coinvolta."

"Ma cosa cavolo vai vaneggiando? Sei pazzo Krueger? Cos'è un'opus?"

"L'opera è lo scopo stesso della vita dell'alchimista; banalmente è quella che crea la quintessenza, o la pietra filosofale, o l'elisir di vita eterna, chiamalo come vuoi.

Viene eseguita nell'atanor, cioè nel forno; puoi vedere il forno come gli accadimenti che succedono e che scaldano di passioni, dolori e sentimenti la vita di un uomo.

I componenti vengono versati nel vaso; non è un vero e prioprio rimescolare fisico, l'importante è che i componenti siano presenti. Il vaso è l'uomo stesso, l'esecutore, il cosidetto artifex; vaso, cuore e calice sono sinonimi ed indicano il recettore e creatore dell'opera, la fonte dalla quale scaturisce.

La base è il mercurio vivo, cioè la natura stessa delle cose, presente in ogni essere reale.

Utilizzando i componenti l'alchimista libera dio imprigionato nella materia, ne estrae l'essenza e, una volta estratta, la può applicare su qualsiasi altra cosa, per esempio, detto in maniera volgare, trasformando qualsiasi metallo in oro, o restituendo giovinezza agli esseri invecchiati, eccetera.

Quell'essenza è la cosidetta pietra filosofale: è una cosa che cambia le cose, e che può cambiare le persone."

Krueger fece una pausa.

Verdiana si fermò anch'essa, sembrò meditare, poi riprese:

"Ribadisco: ma che cavolo stai vaneggiando Krueger? Non penserai che io creda a quello che tu dici?"

"No Verdiana, non lo penso. Non lo penso."

Negli occhi di Krueger passò un velo di pesante tristezza.

Riprese: "però sono preoccupato per te; oggi devo andare dal vice ispettore. Il preside Guerini gli ha raccontato ciò che abbiamo visto nei marmi e vuole parlarmi; gli dirò anche della mia preoccupazione per te."

"Ispettore Pantani buongiorno"

"Buongiorno a lei, padre Krueger. L'ho chiamata in seguito a quanto mi ha raccontato il preside Guerini; sembra che lei abbia trovato un originale filo conduttore tra i fatti avvenuti intorno all'omicidio Destefani."

"In realtà è stata Ingrid, la sorella del preside, ad aprirmi gli occhi. Ho trovato una forte corrispondenza tra il simbolismo dei marmi del Duomo con gli avvenimenti di questi giorni; in particolare con le sculture del portale a sinistra."

"Ma come può una scultura concepita cinque secoli or sono narrare qualcosa di ciò che accade oggi?"

Krueger guardò il suo interlocutore, incerto se parlare o meno, se dargli fiducia o no.

Era chiaro che nessuna risposta logica poteva esistere; tuttavia per Krueger era altrettanto chiaro quanto esistessero zone del reale nelle quali la logica non ha giurisdizione; stava valutando se aprirgli la possibilità di entraci oppure no.

Pensò a quello che gli aveva detto Verdiana o, meglio, a quello che gli aveva fatto intuire; se quell'uomo era stato capace di riconoscere le proprie perversioni e di lasciarsi andare con Verdiana allora poteva essere così sincero da andare oltre ai propri pregiudizi; per questo parlò.

"In linea teorica lei ha perfettamente ragione: impossibile che qualcosa di passato riguardi la realtà odierna.

Tuttavia questa affermazione è valida solo considerando la linearità del tempo e la legge della causa-effetto; se queste due affermazioni saltano, cioè se il tempo non è lineare ma discontinuo e possono esistere effetti non direttamente collegati alle cause, allora qualcosa accaduto nel passato può effettivamente continuare ad accadere tutt'oggi, ed in futuro"

Il vice ispettire non capiva nulla, ma era fortemente attirato da quell'uomo così convinto di ciò che diceva, e senza nessuna vena di pazzia o fanatismo.

"Vada avanti."

"Esistono avvenimenti che rompono il tempo; certo non appartengono ai fatti che vengono scritti sui giornali, o alla scienza come noi la consideriamo oggi, non sono cioè propriamente scientifici, ma sono veri."

"Mi può fare un esempio?"

"Ad esempio la messa. E' la narrazione dell'ultima cena; in ogni luogo ed in ogni tempo si ripete costantemente un avvenimento passato, Cristo viene veramente immolato ad ogni celebrazione, tramite le parole dell'officiante, il sacerdote che non ne è la causa efficiente ma la 'causa ministerialis', cioè l'agente attraverso il quale la Grazia divina fa ripetere l'avvenimento eterno. Vede, questo non è scientifico; ma per miliardi di persone è vero."

Gerolamo Pantani indossò uno strano sguardo, quasi di ammirazione, che immediatamente dopo si indurì:

"Padre Krueger, ciò che non è scientifico non è vero."

Krueger lo guardò con infinita dolcezza; metaforicamente avrebbe voluto carezzare quell'uomo, lo vedeva come un bimbo che nelle vesti del supereroe cerca di mostrarsi invincibile.

"Ispettore, la scienza di cui lei parla ha si e no trecento anni. Esistono modi di pensare, come l'alchimia o l'astrologia, che durano da millenni, e non muoiono, e non moriranno mai: perchè sono veri, a dispetto della sua verità neonata. Esistono religioni che, come la nostra, vivono da duemila anni, oppure quelle orientali, che vivono da seimila e che sono costantemente vivificate, continuamente vere. Esistono modi di interrogare la realtà, come l'I-Ching, che 'funzionano' da cinquemila anni. Eppure lei mi dice che la sua scienza bimbetta, la neonata 'verità scientifica', valga di più di queste dottrine millenarie? In nome di cosa? Solo perchè è l'ultima nata? O perchè è il 'progresso', la 'novità', o addirittura la 'verità'? Si rende conto dell'assurdità tremenda che si commette nel dichiarare vero solo ciò che lo è 'scientificamente', cioè secondo il modo di pensare occidentale degli ultimi anni?"

Aveva parlato con calma, scandendo le parole, presentando i concetti, esattamente come a scuola.

E, come quando faceva lezione, non pretese di essere capito, ma di gettare un seme che prima o poi sarebbe germogliato.

Gerolamo Pantani ne fu sinceramente colpito; non capì molto di questa spiegazione, ma quell'uomo gli dava fiducia.

"Capisco. No, anzi, non capisco; ma lei parla in un modo strano, a cui non sono abituato; mi perdoni, ma preferisco le indagini e le verità scientifiche.

Lei avrebbe quindi individuato due episodi, l'omicidio e la disavventura di Ingrid Guerini, rappresentati nei marmi, insieme ad una terza fase che, in qualche modo, coinvolgerebbe qualcun altro, che potrebbe essere in pericolo."

"Esatto"

"E chi sospetta che sia in pericolo?"

Rispose, ben sapendo che l'ispettore conosceva i suoi rapporti con lei:

"Verdiana Bonavischio"

"Non voglio neanche chiederle la motivazione; ma è a conoscenza di qualche modo per saperne di più?"

"Sì, recarci in un posto che si chiama Rocca Provana, in un paese però che non so dove sia; negli antichi documenti si chiama La Cacia."

Girolamo Pantani ebbe un sussulto.

"La Cacia? abito da quelle parti, oggi si chiama La Cassa, e mi sembra che Rocca Provana sia una specie di castello, di cui avevo sentito parlare. Possiamo andarci immediatamente; non so perchè, ma penso sia indispensabile muoverci subito."

Non capitava tutti i giorni che davanti al municipio di La Cassa si presentasse una macchina della polizia; soprattutto non s'era mai visto scenderne una persona in borghese ed una in abito talare e dirigersi a larghi passi con piglio deciso verso l'ingresso del palazzo comunale.

Era l'ora in cui i bambini uscivano dalla scuola elementare che era nella stessa piazza; le mamme in attesa dei bambini si fecero più di una domanda sul motivo di quella visita così strana e improvvisa; tanto più quando, dopo pochi minuti, videro ripartire di gran carriera i due arrivati con il sindaco ed il messo comunale.

Il sindaco s'era visto piombare nell'ufficio il vice ispettore che presentò il sacerdote che stava con lui come 'esperto della questione' e chiese di avere immediatamente accesso a Rocca Provana, per cercare importanti documenti, vitali per l'indagine; poteva essere questione di vita o di morte.

Proprio per questo l'ispettore cominciò a spazientirsi quando il sindaco accampò scuse relative alla inagibilità e difficoltà ad accedere a Rocca Provana, fino ad urlare contro il sindaco che, secondo lui, si stava intromettendo indebitamente per ostacolare le indagini. Si acquietò solo quando il sindaco chiamò il vigile comunale per chiedergli di accompagnarli tutti a Rocca Provana.

"Finalmente qualcuno si muove", pensò il vice ispettore.

Salirono tutti sulla macchina che prima scese in un fondovalle e poi si inerpicò in una stradina dissestata al punto che dovettero fermarsi e procedere a piedi.

Quando arrivarono sul posto e il sindaco indicò Rocca Provana, la delusione si dipinse sul volto del vice ispettore e di padre Krueger: Rocca Provana non esisteva più, non era altro che il resto di qualche torrione collegato da qualche muricciolo a descrivere una specie di rettangolo, dentro il quale cresceva rigoglioso il bosco di robinie e roveri.

Non poteva essere trovato nessun documento, nessun indizio.

Erano daccapo.

Il sindaco percepì lo scoramento; cercò di indagarne il motivo e capì che cercavano qualcosa che lì non c'era più.

"In questo piccolo comune abbiamo 27 associazioni; tra queste c'è una società storica che potrebbe aiutarvi. Inoltre c'è un architetto in paese che è la persona che fa per voi; se c'è qualcosa nel passato di La Cassa che può interessarvi, lui lo conoscerà di certo. Lo chiamo subito, così se è disponibile ci incontriamo in municipio."

L'architetto si mostrò estremamente disponibile a fornire tutti gli aneddoti possibili; ma di Gaspardo non ne conosceva l'esistenza. Tuttavia disse di ricordasi di aver visto, in qualche antico documento, la descrizione del portale di ingresso di Rocca Provana. Questa descrizione parlava della presenza di quattro figure disposte sui due lati verticali intorno al portale di ingresso.

Poteva essere la stessa disposizione del Duomo? Poteva essere Gaspardo che, promettendo di custodire il segreto di Bartolomeo Delli Charri, l'avesse scolpito su Rocca Provana?

L'architetto cercò di sforzarsi, ma ricordò solo qualcosa di quella descrizione; quando lo descrisse parlò di figure allegoriche, di grottesche, secondo la moda dell'epoca.

"Ecco ci siamo!" Pensarono Krueger e l'ispettore, mentre l'architetto cercava di scovare nella memoria qualche ricordo più nitido, dicendo:

"ricordo.. una persona che sembrava quasi soffocare, un'altra che sembrava pazza... e poi..."

"Poi?" Chiesero in coro

"Una persona che piangeva. Una donna. Una donna che piangeva, ecco, penso una madonna addolorata, qualcosa del genere".

Una donna avrebbe dovuto piangere.

Ringraziarono, e si prepararono a tornare a Torino.

"Aspettate... c'era ancora una quarta immagine."

Krueger si blocco subito.

"Una quarta immagine?"

"Sì, ma non la ricordo. Posso solo dirvi che sono certo che non fosse una persona."

A quel punto gli fu chiaro: tre elementi coerenti + uno diverso. Il nome di Maria la Giudea gli rimbalzava in testa; 3+1, il tetramorfo, per giungere all'unità, cioè alla quintessenza; il mistero era stato svelato, Bartolomeo Delli Charri lo aveva passato a Gaspardo De La Cacia. Ma non lo aveva scolpito sul Duomo, dove per il cardinale aveva scolpito solo tre figure; evidentemente erano quelle commissionate, mentre la quarta era sconosciuta al Cardinale, ma non ai maestri comacini.

Mentre tornavano verso Torino, gli rimbombava in testa l'assioma di Maria la Giudea: "L'Uno diventa Due, i Due diventano Tre, e per mezzo del Terzo il Quarto compie l'Unità".

Compie l'unità.

Gli tornarono in mente gli antichi pensieri che gli avevano fatto rifiutare l'ultimo passo del sacerdozio:

"Dio UNO, Figlio generato e non creato DUE, spirito che procede dal Padre e dal figlio TRE; manca il quarto per il compimento, manca il quarto: il corpo, la femmina, il male."

Tornando in auto, veso Torino, si ripeteva il pensiero, tante volte percorso, che ancora bruciava:

"In questa professione di fede manca il corpo, manca la femmina, manca il male; non posso accettare una fede zoppa."

"Il corpo, la femmina, il male."

Non fu facile ammetterlo, soprattutto a se stesso, dovette dirlo sottovoce per renderlo vero:

"Manca Verdiana".

Il vice ispettore era meditabondo e silenzioso, ma infine comunicò la sua decisione a Krueger:

"Padre Krueger, voglio sciogliere questa inchiesta. Non trovo il colpevole, non trovo alcun appiglio; ogni persona sospettabile ha alibi inattaccabili. Lascerò ognuno libero da ogni vincolo di inchiesta; evidentemente il colpevole si trova al di fuori della cerchia di persone finora indagate"

La sua voce era estremamente precisa, scandiva ogni singola parola; si capiva quanto fosse stata meditata quella decisione e quanto anche la giornata odierna aveva contribuito a maturarla.

"Quindi lei è al di fuori di ogni sospetto; la prego di comunicarlo al preside, che sicuramente ne sarà sollevato per le sorti della scuola".

Appena arrivò in istituto cercò il preside per dargli la notizia; dire che fece salti di gioia sarebbe poco, era felice come un bambino, in modo eccessivamente euforico, pensò Krueger, che non riusciva ad essere felice di tutto questo.

Sapeva bene che un colpevole c'era.

Sapeva bene perchè il preside poteva essere così felice; la chiusura dell'inchiesta lo liberava da qualsiasi minimo sospetto, anche se inesistente.

Sapeva bene cosa pensava quell'uomo minuto dai piccoli occhi e dai lisci radi capelli neri: in fondo aveva compiuto la sua missione, aveva scansato a suo modo il pericolo che cadeva sull'istituzione e che minacciava di far chiudere la scuola.

Krueger si chiedeva come potesse essere un attore così consumato; sembrava veramente felice come un bambino, anche quando chiamò il superiore generale e tutti i confratelli, tra cui anche John Chiodi tornato per qualche giorno in istituto, per dare la lieta novella.

Avvisò tutti che avrebbe fatto un annuncio importante all'ora di cena; infatti mentre erano ancora tutti in piedi per la preghiera prima del pasto, con molta enfasi ringraziò il Signore per lo scampato pericolo, lodò la polizia, l'estate dolce e il cinguettio degli uccelli per lo scampato pericolo.

Krueger ne era infastidito e teneva gli occhi bassi, anche se in molti lo osservavano; per questo tutti lo videro avvampare, quando il preside terminò il discorso dicendo che ci voleva un modo speciale per ringraziare il Signore, ed informare l'opinione pubblica: grazie al lavoro intenso di contatti dell'ultima ora, aveva fatto in modo che la domenica successiva Krueger avrebbe celebrato la messa in Duomo, davanti a tutta Torino.

[manifestazione 'se non ora quando', 2 febbraio 2011 ]

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