16 - prolegomeni materiali all'ascesi mistica
Quel gesto, non l'aveva mai visto fare a nessuno; e chissà perchè, l'affascinava tremendamente.
E dire che uomini ne aveva conosciuti.
Con quelle passioni poi.. quanti!
Però prenderla così in quel modo, accoglierla tenerla stretta, quasi abbracciarla, sentirne il profumo, guardarne ogni parte... no, questo non era successo mai.
Verdiana guardava quell'uomo; tanto più lo conosceva quanto più si accorgeva di non conoscerlo. Ogni incursione nei suoi pensievi spalancava porte in mondi nuovi.
Aveva spesso intuito, nella pratica professionale, che ci fossero profondità dietro alle passioni ed ai gesti degli uomini; le aveva intuite, le aveva usate a proprio vantaggio, acquisendo una posizione di predominio sugli uomini proprio perchè le conosceva; ma ora quest'uomo le stava cambiando il mondo, perchè invece di vedere queste profondità come il fondo sul quale sbattere quando ci si lascia andare le proponeva come porte, approfondimenti, aperture verso altri mondi che lei poteva solo intuire, e che mai avrebbe immaginato.
Poi, quello sguardo.. perso e infinito, come la prima volta che l'aveva visto guardando il san Giovanni dell'ultima cena in Duomo, proprio quello sguardo che l'aveva provocata a conoscerlo.
Mentre la teneva nella mano in quel modo così inconsueto e dolcissimo, lo sguardo era proprio quello: adorazione pura.
Si sentiva come un'ospite nel suo mondo, al quale lui le aveva concesso accesso; lei sapeva perfettamente che lui si stava lasciando andare, le stava permettendo di entrare, e di ferirlo a morte, nelle zone più segrete del suo cuore.
Per un uomo il cuore, il ricettacolo delle emozioni, è il ventre molle e vulnerabile, la zona attaccabile; lasciarla entrare voleva dire molto, si rendeva conto di essere stata ammessa in un sacrario nel quale poche altre menti avevano avuto accesso.
Per questo lo guardava, e non fiatava; non sapeva che dire, che fare; pure era abituata a situazioni simili ed in quegli altri casi aveva il controllo totale della situazione; si sentiva sicura e padrona, guidava lei l'esperienza. Ora invece no; semplicemente osservava assorbendo grata.
Il giorno era cominciato come tanti, in quell'estate che le avrebbe cambiato la vita; lui era solito venire a soggiornare nel suo appartamento di fianco allo studio, sempre previo un suo invito che le dava il via libera per la giornata. Lui quasi sempre accettava e passava le giornate nella parte privata.
Lei sentiva la sua presenza durante le sessioni, a volte passava a trovarlo, a volte non lo vedeva per l'intero giorno.
Da alcuni piccoli indizi che ogni donna conosce sapeva che a volte indugiava nei suoi armadi.
Le faceva piacere; dare accesso a quell'uomo alle sue parti più segrete, cioè il suo modo di presentarsi, i suoi vestiti, le dava una specie di sollievo per la condivisione con una persona che rispettava così tanto; non sapeva bene il motivo, ma da tempo s'era imposta di non chiedersi il perchè degli uomini ma, semplicemente, di accettarli per come sono. E, nel caso, di sfruttarne la conoscenza.
Lui approfittava volentieri dell'occasione per sprofondare in sè; quell'ambiente così raccolto, segreto, privato, gli dava una specie di libertà euforica; così in questa estate tra la fine della scuola e la maturità dopo il via libera del mattino che riceveva tramite messaggio raccoglieva i libri che gli interessavano e passava ore in quell'appartamento. A volte sentiva gli ospiti entrare dall'accesso allo studio; poche volte aveva sentito gemiti un po' sopra le righe, ma più spesso non sentiva niente, anche se si accorgeva di fare più attenzione del dovuto ad eventuali rumori che potessero giungere dallo studio professionale di Verdiana. A volte si portava un pasto da consumare tra un libro e l'altro; in alcuni giorni appariva Verdiana che lo salutava con larghi sorrisi, a volte non la vedeva in tutto il giorno.
Notò che l'appartamento era sempre pulitissimo, ad un livello quasi maniacale; notò anche che le pulizie coincidevano con i giorni in cui Verdiana non gli mandava il messaggio di via libera; ne concluse che in quei momenti lei preferisse che lui non ci fosse.
Solo un giorno si accorse di un particolare a questo proposito; si era visto con lei al mattino per un caffè e quattro chiacchiere, poi erano saliti insieme nell'appartamento.
Mentre entravano, una persona stava per uscire a testa china, sguardo a terra; Krueger ne vide appena, velocemente, il profilo che gli ricordò qualcosa di non ben definito.
Verdiana assunse un atteggiamento inconsueto, alzando il mento e assumendo un tono imperioso: "pulito tutto?"
Krueger per delicatezza pensò bene di portarsi ad una certa distanza dai due, fuori dalla loro vista, ma non potè fare a meno di sentire il dialogo.
Lui, sempre a capo chino, espose una litania di operazioni svolte per la pulizia dell'appartamento e dello studio; parlava con una voce in falsetto dietro alla quale, però, a Krueger sembrò curiosamente di riconoscere qualcosa di noto.
Sentì quella persona allontanarsi, e rientrò mentre Verdiana lo stava aspettando sul pianerottolo.
Quasi fece tenerezza, a lei, vedere quante domande lui aveva in mente e che, per delicatezza, non esponeva; quindi gli spiegò.
"Ci sono alcune persone che mi puliscono la casa, ormai da anni. Vengono qui, gli lascio le chiavi, e puliscono tutto, molto bene. No, non le pago. Sono loro che pagano me per poterlo fare."
Lui intuì qualcosa, ma impostò il viso a punto interrogativo per farla proseguire.
"Vengono quando glielo dico, le prime volte in mia presenza, poi anche senza di me. Si vestono con vestiti da cameriera sexy, che gli procuro io e che faccio loro trovare pronti. Passano ore così vestite a pulire, lucidare, mettere a posto; questo le gratifica. Poi se ne vanno; a volte faccio loro qualche complimento, altri le sgrido perchè non hanno pulito bene, anche se non è vero; a loro in qualche modo gratifica, perchè tornano e chiedono di farlo ancora".
Lei gradì molto che lui non ne ridesse; anzi, il suo viso curioso e interessato le stava confermando che si trovava di fronte ad una persona sicuramente speciale. Lo guardò dolcemente mentre le stava chiedendo :
"Secondo te perchè lo vogliono fare?"
"Oh, non lo so bene; so che succede. Penso che abbiano da una parte una specie di adorazione nei miei confronti, dall'altra un bisogno di servire; penso che siano gratificate dall'essere umiliate come serve e vestite come femmine provocanti, mi sembra che per loro sia una specie di liberazione. Nella vita 'normale' sono mediamente uomini forti e in posizione di potere: il lasciarsi andare ad una umiliazione del ruolo e del genere consente loro di liberarsi del peso della loro posizione, e se ne vanno... liberi, e penso che sia proprio per questo senso di libertà che mi pagano".
Lui la guardò sorridendo e lasciando trasparire quell'ammirazione che lei si bevve tutta d'un fiato, gongolando dentro senza cercare di farlo troppo vedere fuori.
Lei gli fece vedere come aveva pulito tutto bene: tutti gli arnesi in pelle erano stati puliti e ingrassati con maniacale metodo con una crema che si faceva arrivare dall'Inghilterra; i collari di pelle nera brillavano lucidi esaltando gli anelli cromati e splendenti, la croce di sant'Andrea in legno e imbottitura di pelle riluceva mostrando gli anelli ai quali legare le persone, il letto in latex brillava lucido e liscio, veniva quasi voglia di sdraiarsi e lasciarsi avvolgere dalla fresca viscida avvolgente sensazione che il materiale riusciva a infondere sulla pelle nuda.
Lo scaffale delle scarpe era anch'esso pulito, ognuna delle calzature lucidata; a fianco c'era lo scaffale con tutti gli stivali, mentre questo era costituito da barrette di metallo sulle quali erano appoggiate le scarpe, tutte con tacchi che sarebbe stato difficile indossare in situazioni diverse da un dungeon sadomaso, alcuni in metallo, altre in cuoio, altri ancora trasparenti.
Lei aveva registrato il suo sguardo ipnotizzato da quelle calzature.
"Mi avevi detto che mi avresti parlato dei tacchi e che mi avresti portato in un monastero, ricordi?"
"In una abbazia avevo detto."
Mentre lui pronunciava queste parole compì quel gesto che lei non aveva mai visto compiere; prese una scarpa dallo scaffale e la tenne dalla parte centrale, con il corpo della scarpa nel cavo del palmo della mano, quasi abbracciandola. La scarpa era, naturalmente, in pelle nera; la punta affusolata e sottilissima si rivolgeva verso di lui, mentre l'altissimo tallone usciva tra il pollice e l'indice per innalzarsi in un cinghietto che avrebbe allacciato la caviglia; il tacco infinito si perdeva dietro la sua mano.
La portò alle nari, quasi tanto vicina da annusarla; poi allontanò la punta verso l'esterno, ammirando il tacco ed il tallone, e pronunciò senza distogliere o sguardo:
"Una abbazia, ti propongo, perchè ti sia chiaro il senso di queste altezze"
Con le dita fecce uno strano gesto, come ad imitare le gambe di una persona che passeggia attorno al tacco, risalendolo.
Diceva, ancora ipnotizzato; poi, quasi risvegliandosi, riportò la scarpa al suo posto.
"Perchè una abbazia?"
Lui riprese con quel tono da professore che lei aveva tanto odiato in molte persone e che semplicemente adorava in lui.
"Come abbiamo già detto, questi oggetti agiscono come simboli. Dietro ai simboli sono celati motori potenti; non è la scarpa 'in sè' ad avere potenza, ma dietro ad essa ci sono veicoli che agiscono a livello inconscio e che 'stregano' i tuoi clienti, e non solo quelli; al fascino del tacco a spillo sono soggetti quasi tutti gli uomini e le donne.
A differenza dei vestiti in pelle, di cui abbiamo già parlato, e che sono un veicolo simbolico abbastanza semplice, in queste scarpe ci sono più veicoli che convergono a moltiplicarne la potenza; per esempio, il fatto che siano in pelle coinvolge il motore simbolico del quale abbiamo parlato per gli abiti in pelle, ma ne è solo uno dei componenti. Chiaro?"
La guardò in modo interrogativo.
"Ossantiddio ossantocielo chemmmisuccede" - lei pensò silenziosamente guardandolo - "non è possibile nonsipuò nonsideve nonsifa. Ma come mi guarda, come parla, come usa le mani, cosa dice quest'uomo, perchè mi s'intrufola dentro, perchè sa queste cose, chi è cos'è cosa vuole ossantiddio mistoeccitando daquantotempo calmati calmati calmati frena frena frena"
Deglutì, assunse un cipiglio deciso, e rispose "chiarissimo" con un tono più deciso di quanto credesse.
"Nelle scarpe ho riconosciuto almeno quattro di questi motori, ma penso ce ne siano di più, devo parlartene singolarmente; per uno di questi, forse per quello più visibile che riguarda il tacco, devo portarti nell'abbazia per farti entrare completamente nell'archetipo, cioè nel motivo primo che alimenta uno dei motori simbolici. Lì è di una chiarezza che non ho mai visto altrove, per questo ti ci voglio portare."
"Dici che ci sono più motori simbolici in una semplice scarpa?"
"Sì, e alcuni di questi particolarmente potenti. Prendi ad esempio il cinghietto: sembra una innocua striscietta di pelle. Invece ha in sè molti significati, dei quali i principali sono la legatura e la serratura. Sulla legatura, sui legami e sul dio legatore Mircea Eliade ne ha scritti interi capitoli, e Renè Guenon ne ha scritti trattati; per dirtelo velocemente pensa solo alla malattia come 'legame' che ti trattiene e dal quale uscendone sei libera e cresci. Sulla serratura, cioè la fibbia, l'archetipo della porta, della chiusura, della chiave, dell'ardiglione che...
"Ardicosa?"
"L'ardiglione, è quella parte della fibbia che si infila nel buco.. beh, il simbolismo ti è sicuramente chiaro, infilandosi nel buco lega per il futuro senza lasciarti libera... non ti viene in mente alcun parallelo?"
"Oh si, è come se fosse un anello al dito, a ruoli invertiti!!"
"Bravissima! vedi che dietro ad ogni gesto, soprattutto quando coinvolge materia, oggetti, ci sono significati forti."
Di nuovo, quella sensazione in Verdiana, di sentirsi liberata, di vedersi pulita e vera, vergine di intenzioni... quasi inebriata da questa sensazione, fu però subito vittima del rimorso e nel senso di colpa che nella donna, da Eva in poi, la fanno da padroni.
"Feticista pervertito. Così la moglie di un mio cliente che l'ha scoperto a leccarmi le scarpe in un luogo pubblico l'ha apostrofato, e si sono separati spaccando una famiglia; forse anche per colpa mia, non lo so, ma mi ci sento dentro e ci sto male. E tu mi dici che ci sono archetipi, abbazie e motori simbolici dietro questo? non semplice ignoranza, stupidità, istinto e perversione?"
"Istinto, quello sì, c'è. Se c'è ignoranza e stupidità è quella della moglie che non ha voluto accettare il suo uomo per quello che è, o meglio, per quello che ha dentro. Se c'è perversione è quella del nostro comune modo di vedere che non accetta la naturalità degli istinti."
"Ma io ho fatto del male a quella famiglia!"
"Sì."
A Verdiana si inumidirono gli occhi di rabbia.
"Come sì! Come sì! Dimmi che non è vero!!! Mi dici che alla fine c'è una ragione, una radice in quello che faccio, e ora invece mi dici che faccio male! Ma che... bestia inumana che sei!"
Si accorse di avere esagerato, e le lacrime che prontamente si stava asciugando ne erano testimonianza.
"Verdiana, tutti facciamo del male. Ogni giorno. Ma quello che da una parte può essere considerato male, dall'altra può essere invece bene. E' bene uccidere un uomo? No. E se quell'uomo un attimo dopo fa una strage e ne uccide venti, è stato ancora bene non ucciderlo? o è stato male? Non c'è una risposta, semplicemente ci sono cose che si fanno con verità e radice, aderendo al proprio modo di sentire e non ad una morale esterna e oggettiva. Il desiderio di quell'uomo era leccarti le scarpe, e probabilmente lo voleva così tanto da farlo in pubblico. Tu gliene hai dato la possibilità, hai esaudito un sogno, e forse hai ancora i suoi occhi grati nei tuoi ricordi. Tu sei stata un mezzo con il quale si è compiuta una parte del destino di quella coppia, non la causa."
Lei sentiva gli occhi umidi, la situazione inconsueta. Era abituata a comandarli, gli uomini; ora era sull'orlo del pianto con questa ammirazione infinita per questo sguardo che la cercava incessantemente, con questa fastidiosa dolcissima sensazione di eccitamento al momento sbagliato e non sapeva proprio che fare e che dire.
"Dov'è questa abbazia?"
"Vicino, se ti va ci andiamo tra qualche giorno, così parliamo dei tacchi"
"Uh, le sexy suore, vero? Ho il costume pronto di là."
Risero insieme, e si sentirono leggeri; un bicchierino di Mezcal contribuì ad alleggerirli ancora di più.
Il verme al fondo della bottiglia stava organizzando piani segreti.
grazie a Matiluba per l'indispensabile contributo.
C'è la pagina Facebook di Krueger, e il romanzo si può approfondire e comprare su krueger.losero.net.