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14 - Trascinato dalla corrente

C'era quella poesia, quel testo che si chiamava 'desiderata'; veniva ricordato come un'antica poesia ritrovata nella chiesa di Baltimora del diciassettesimo secolo.

Lui lo sapeva che non era così, che in realtà era un testo recente; nonostante questo aveva un valore forte, e guardando l'arancione dei mandarini sul tavolo non poteva non pensarci.

Fissava quell'arancione: colore forte, intelligenza e comunicazione, Mercurio, mercurio, il metallo liquido materia prima dei filosofi e... ed era mercoledì, e quindi tutto tornava.

Perso nei suoi pensieri, navigava nell'arancione, fluttuava tra i crateri definiti dalla buccia di un mandarino sul suo tavolo.

Il tavolo di lei; la sua casa, il suo posto; troppo forte e lontano era questo pensiero, ma in fondo era quello da cui era partito; lui, falso prete della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, stava cenando in casa di una donna professionista in perversioni.

E di nuovo il 'desiderata' come un mantra, gli si appiccicava ai pensieri; lei forse stava parlando e lui non rispondeva, perso in uno dei suoi silenzi.

Il desiderio di svegliarsi da quel torpore onirico e quello opposto di seguire il filo dei pensieri di lei si inseguirono come fuochi d'artificio sparati verso l'alto che s'attorcigliano in spirali ascendenti mentre s'aspetta, prima o poi, il botto.

E quasi voleva coprirsi le orecchie mentre i suoi occhi la vedevano davanti a sè in quell'attimo di tempo dilatato all'infinito in cui invece pensava al 'desiderata':

"Va' serenamente in mezzo al rumore e alla fretta,

e ricorda quale pace ci può essere nel silenzio"

eccetera, ma non era questo che l'aveva tirata in causa; era piuttosto un passaggio,

"E non essere cinico riguardo all'amore,

perché a dispetto di ogni aridità e disillusione

esso è perenne come l'erba"

del quale non era tanto dall'amore che era attratto, ma dal "perenne come l'erba", da qualcosa che comunque rinasce infinitamente; perchè così sentiva la sensazione bambina che stava crescendo in lui.

Aveva catalogato, ordinato, previsto, organizzato la sua vita; metodicamente tutto era stato incasellato nel giusto posto verso la giusta direzione; sapeva esattamente dove voleva andare, verso cosa indirizzarsi; ma ciò che non aveva previsto era proprio quell'arancione a dirlo, quel mandarino su quel tavolo di quella casa.

Qualcosa di "perenne come l'erba" stava entrando nella sua vita; nonostante gli anni, l'esperienza, gli studi, le conoscenze, qualcosa di nuovo stava esplodendo di fronte a lui.

Aveva conosciuto l'amore terreno; non era una 'cotta' quella che stava provando, non era passione, non era lussuria, non era nulla di ciò che conosceva; era speranza e gioia allo stato puro, e non poteva passare un attimo del proprio tempo a tacerselo.

Ed era stato esattamente questo che gli aveva fatto rispondere 'Sì' all'invito buttato lì tra una chiacchiera e l'altra, "perchè non vieni a cena da me"?

Certo, in istituto non aveva potuto dirlo ai confratelli; un impegno serale, tra i tanti che aveva, poteva funzionare da copertura; nessuno avrebbe indagato, tutti sapevano che spesso partecipava a convegni e conferenze.

Ma la nettezza con la quale aveva subito accettato l'invito aveva stupito Verdiana e anche sè stesso.

"Niente abito talare, se puoi", l'unica condizione richiesta.

Così nel tardo pomeriggio era passato da 'Marco', il caratteristico negozio che si apriva sotto i portici dove Via Milano diventa Porta Palazzo, e si era fatto consigliare per un buon Traminer; sapeva che lei l'avrebbe gradito. Tuttavia, il pensiero di non poterlo portare alla giusta temperatura lo fece desistere e passare ad un rosso per il quale la temperatura ambiente fosse un problema minore.

Lo richiese alla commessa che declinò la risposta al proprietario dello storico negozio, che dopo una serie di domande che, a dire il vero, sembrarono a Krueger fin troppo personali, si diresse verso i vini del sud e scelse senza alcuna esitazione un Nero d'Avola.

"Questo fa al caso suo".

Krueger uscì con la bottiglia avviluppata nella carta di giornale al fondo di un sacchetto di plastica, chiedendosi se il proprietario fosse un genio conoscitore d'uomini o un'abile commerciante, visto il prezzo della bottiglia.

Ora, fissando ancora quell'arancione, non potè che concludere, come gli ricordava un caro amico, che "il vino buono fa pensieri buoni"; così che gli occhi di lei, e il 'desiderata', ed il caldo sole del sud che aveva scaldato le vigne di quel Nero d'Avola si mescolavano ad elevare lo spirito.

"Ti sei di nuovo perso!"

Le stava dicendo lei, divertita; ormai sapeva che questi silenzi con lo sguardo perso non erano assenze, ma l'esatto contrario: presenze troppo forti per essere raccontate.

Era arrivato in orario, con la bottiglia sottobraccio, un po' imbarazzato da quella confezione così spartana.

Salito al pianerottolo aveva visto due porte uguali, verde scuro, di stile moderno, una con un campanello con scritto '1' e l'altra, socchiusa, con scritto '2'; da questa la voce di Verdiana lo invitava ad entrare.

La conversazione, e la cena, erano state gradevoli come del resto tutto il tempo passato insieme e, fino a quel momento in cui s'era fissato sull'arancione dei mandarini, complessivamente riconducibili a normali conversazioni tra amici.

"Ti sei di nuovo perso!", ripeteva divertita, e lui pensava che quel "di nuovo" metteva l'accento sulla conoscenza che lei cominciava ad avere di lui: il mercurio, Mercurio e l'arancione persero di importanza mentre l'attenzione si spostava su questa donna dagli occhi nocciola tra cui era così piacevole passare il tempo.

"Mi hai detto che se fossi stato un tuo cliente avresti indovinato subito le mie... passioni, e le hai pure definite e catalogate"

"Beh, si, dopo anni di pratica si comincia a conoscere quello che sta a cuore agli uomini. Dai tuoi modi riservati ed eleganti verso me non posso che dedurre una attenzione alla bellezza femminile, a volte perfino esasperata, e dai tuoi sguardi verso l'abbigliamento delle donne non posso che vedere una tendenza fetish. Poi, sei prete, benchè falso, vesti comunque l'abito talare; ho sempre visto tendenze masochiste nei miei clienti di quella provenienza, potrebbero esserci anche in te"

"Hai clienti sacerdoti?"

"Sì, certo; è un tipo di clientela che non mi è mai mancata. Tagliare continuamente la pianta delle passioni con la castità non fa che potenziarla, a volte esasperandola"

"Inoltre, quando ti ho visto al mercato in tenuta da jogging, non ho potuto che notare un corpo che potrebbe essere vestito in modi... diversi, e ho notato la compiacenza nell'indossare pantaloncini da ginnastica aderenti; una ipotesi di desiderio di femminizzazione non la escluderei"

La cosa che lo stupiva era l'analisi clinica, quasi medica, che lei stava conducendo su di lui. Non era importante se corrispondesse a verità o meno; lui sapeva benissimo che la quantità e qualità delle perversioni in un uomo dipendono solo dalla profondità con la quale si scava l'animo. Lo affascinava invece la dimestichezza pratica, l'occhio clinico, l'abitudine all'indagine "psicologica" in quella determinata direzione, la facilità e padronanza con cui poteva condurre il discorso.

Lei era invece stupita dal suo lasciarsi indagare, dal non ribellarsi a priori a questo tipo di discorsi, atteggiamento che era purtroppo abituata a constatare con le sue amicizie maschili che passavano dalla difesa integerrima dura e pura dei sani principi della correttezza dei costumi all'accettare, o richiedere, le perversioni più inammissibili; spesso questi due atteggiamenti opposti potevano albergare nella stessa persona in momenti diversi. Ciò che invece ora aveva davanti era un uomo plastico, completo, capace di passare dalle altezze dello spirito alle bassezze della carne in modo elegante e fluido, senza subire la tentazione dell'incanto magico delle altezze o il disprezzo dei bassifondi dell'animo, bensì legando tutto con un filo di dolce umanità e di profondità di pensiero.

Anzi, c'era qualcosa in più, che la stava stregando; quell'uomo era capace di stupore, di lasciarsi andare come un bambino senza riserve ad un'emozione; così alla lucidità del ragionamento si univa l'apertura ad emozioni incontrollabili ma che si indovinava sarebbero state volentieri accettate. Capiva che quanto stava dicendo non gli era nuovo, che in qualche modo ne aveva ragionato o ne conosceva delle parti ma anche che, nonostante questo, lei lo stava colpendo con la sua esperienza e le sue conoscenze.

Stava diventando per lei motivo di orgoglio il bagaglio di esperienze accumulate negli anni di professione; per la prima volta lo vedeva come un tesoro, una ricchiezza, un valore che l'aveva portata a poter conversare tranquillamente con un uomo di quella levatura culturale.

A fine cena gli offrì un liquore.

"Ti va un digestivo allucinogeno? Ne sembri esperto!" disse rieferendosi all'esperienza nel museo con il Mezcal, e gli propose una bottiglia di liquido trasparente, appena tendente al verde: assenzio, il liquore dei "poeti maledetti" francesi, servito in minuscoli bicchierini, con a parte ghiaccio e zuccherini.

Nel servirlo, Krueger non potè fare a meno di notare che tra i liquori c'erano anche due bottiglie di Mezcal, con i 'gusani', cioè i vermi, grossi e ben evidenti sul fondo; lei si accorse dello sguardo.

"Sì, le ho prese... mi avevi incuriosito. Proprio quelle col verme. A volte le uso anche nelle sessioni... con le persone più disposte al gioco, faccio loro pensare che sia una bevanda magica dagli strani poteri, in modo da mettere ancora più pepe e suggestione ai divertimenti. Spesso funziona molto bene; sai che in questi giochi le suggestioni della mente sono l'ingrediente principale"

Krueger ripensò all'esperienza nel museo e dovette sforzarsi per non perdersi in quel ricordo forte e dolcissimo delle parole delle lettere di van Gogh che scendevano dal cielo mentre Malika e la sua schiava cantavano il duetto dei fiori del Lakmé e loro due si sentivano, ed erano, pericolosamente vicini.

"Sì.. penso anch'io funzioni bene"

Sorrise, sorseggiando l'assenzio.

La sera era gradevole, il caldo del giorno aveva lasciato spazio ad una fresca aria finalmente respirabile.

"Vuoi vedere la casa? Vieni"

Da una porta entrarono in una stanza che, in realtà, aveva tutte le tre pareti senza finestre costituite da armadi, alcuni a vista; una delle ante di fronte a loro era in realtà una porta che conduceva in un altro ambiente.

La quantità di indumenti era notevole, quasi fosse un negozio di abbigliamento.

"Questa stanza è il confine. Dietro di noi, dalla porta da cui siamo entrati, c'è il mio appartamento privato e la mia vita privata, dove abbiamo cenato. Oltre quella porta il mio studio professionale, il mio dungeon. Quell'armadio su quella parete dove c'è la porta si può aprire sia da questa parte che dallo studio; così da questa stanza posso gestire tutto il guardaroba, sia la parte personale che quella professionale."

Così dicendo aprì alcuno degli armadi. Mentre lo faceva osservava lo sguardo di Krueger, che passava dall'impassibilità in qualche caso ad una attenzione quasi violenta, in altri; e si rese conto di non essersi affatto sbagliata sulle possibili tendenze di quell'uomo.

"Vuoi vedere il mio studio? Vieni"

Aprì la porta di fronte a quella da cui erano entrati.

La prima cosa che Krueger notò fu la porta verde scuro che aveva visto sul pianerottolo.

"Quella è l'entrata per i clienti; loro vedono solo il mio studio"

A parte la parete occupata dall'armadio, le altre contenevano oggetti per la pratica della sua professione; Kruger ne conosceva tanti, ma molti lo incuriosirono per forma e dimensione. Lei gli illustrò i più curiosi o strani, il funzionamento di alcune macchine. Lei aveva per quegli oggetti una attenzione particolare, li trattava in modo delicato. Soprattutto per gli abiti se ne indovinava una specie di venerazione; l'armadio era pieno di abiti in lucido latex e in morbida pelle e lei più volte ne citò il fascino nell'indossarli fasciando il corpo, e la disperazione che provava in caso di rotture, difficilmente recuperabili.

Forse proprio perchè indovinò in lui un rapimento per quei capi di abbigliamento si soffermò a illustrarne qualcuno, parlando delle intense sensazioni che provava vestendoli, di quanto non fosse affatto un'abitudine indossarli ma che ogni volta le davano sensazioni forti sia nei propri confronti che in quelli dei clienti; una fascinazione che non tendeva a diminuire col tempo, che la faceva sentire tranquilla e potente.

Krueger ne era affascinato, e voleva sapene di più; la sua curiosità era infinita sull'argomento.

"Prova, tocca, sfiora quest'abito.... senti, solo al tatto già è potente", lei gli prese la mano e la accompagnò sull'abito; lui lo sfiorò e chiuse gli occhi, che riaprì quasi subito, senza dire nulla.

Ora lei non aveva più dubbi; quell'uomo subiva l'influsso di quel materiale, di quegli abiti.

Le tornarono a mente tutti i discorsi che avevano fatto sui simboli: lui che tutto questo conosceva era comunque preda della potenza del simbolo che quegli abiti rappresentavano.

Lei perse un attimo lo sguardo guardando il panorama dalla finestra; tornò con lo sguardo su di lui e gli chiese:

"Vorrei farti una richiesta. Può capitare che, durante le sessioni, le persone liberino parti di sè che essi stessi non conoscono; sono parti che a volte potrebbero essere pericolose. Una volta avevo un compagno che viveva con me; mi dava una certa sicurezza sapere che vicino ci fosse qualcuno che, in caso di bisogno, potesse intervenire. E' sufficiente la semplice presenza di una persona per calmare anche i più esasperati spiriti. Mi farebbe piacere se qualche volta tu potessi stare di là, mi darebbe tranquillità sapere che ci sei. Certo non sempre, ogni tanto, quando hai tempo, e specialmente se qualche volta te lo chiedo io in casi.. difficili. Non c'è nulla che devi fare, nulla che devi vedere; io non ti chiamerò mai se non in casi gravi, semplicemente basterà che tu stia nel mio appartamento privato. Non sentirai rumori o disturbi; puoi leggere o fare qualsiasi cosa tu voglia. Anche solo ogni tanto; sapere che a volte tu ci puoi essere sarebbe per me un pensiero che mi solleva molto. Inoltre, io non sono molto spesso qui; viaggio molto e a volte conduco sessioni dai miei clienti. Se vuoi usare questo appartamento come una tua base per venirci ogni tanto è a tua disposizione, basta un messaggio e io ti dico se è libero, se ci sono e se lavoro".

La prima cosa che pensò Krueger fu "E' proprio quello che cerco". Una zona libera, un porto franco, dove non essere visto e controllato come in istituto, dove potersi rinchiudere a studiare, leggere, concentrarsi. Anche in istituto poteva farlo, ma il viavai continuo di allievi e confratelli che spesso passavano per un consiglio o quattro chiacchiere dalla sua stanza non gli consentivano di immergersi quanto voleva negli studi; certo, poteva farlo di notte, ma da qualche anno aveva scoperto il piacere di lasciarsi andare ai suggerimenti dell'inconscio, e volentieri si abbandonava ai sogni cercando i messaggi che gli portavano.

Per questo accettò.

"Allora brindiamo!" Disse lei, prendendo i bicchieri e, nel muoverli, versando qualche goccia di assenzio su un abito in latex.

Prima che intervenisse lei, fu lui con un fazzoletto a rimuovere le gocce di liquore; lo fece subendo la forte sensazione che quel materiale gli rimandava al tatto, con una attenzione forse più scupolosa del dovuto.

Lei lo osservò... clinicamente e la sua voce suonò bassa, lenta e scandita quando gli disse guardandolo negli occhi mentre era chino sull'abito, dall'alto al basso:

"Naturalmente potrai usare tutto quello che vorrai."

[Mantova, affreschi in palazzo Te - Particolare della sala delle nozze di Amore e Psiche]

C'è la pagina Facebook di Krueger, e il romanzo si può approfondire e comprare su krueger.losero.net.

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