Avrà pur qualche senso questo carnevale, questa strana festa del consumo indotto del mezzo dell'inverno.
Mi sembra che ogni persona con un minimo di assennatezza rifugga dallo stupido ridere per ridere, come a capodanno, da questa forzatura triste della faccia allegra, con comportamenti "non liberi ma costretti: si
deve ridere, si
devono scatenare gli appetiti non solo e non tanto in forma rituale, quanto in forma eccessiva" (G. Sanga); e allora perchè nel mezzo dell'inverno, quando
la terra è febbricitante nelle viscere, gli uomini s'abbandonano a questa scemata?
Ecco, forse proprio tra la febbre e le viscere si può andare a cercare qualche senso.
Non c'è dubbio che il periodo sia di iniziazione, nel senso che inizia qualcosa, di rigenerazione; siamo prossimi alla rinascita della terra, all'equinozio di primavera, alla quaresima e alla Pasqua; tutti pezzi da novanta che fan tremar le vene ed i polsi a chi li voglia pensare calati nell'umanità delle persone.
E' un'anticamera, un annuncio, un perdersi nell'attesa della scintilla divina che genererà la vita, quell'immenso scontro di potenze che culminerà in
marzo: l'attrito e la luce. Ed è forse proprio in questo perdersi, in questo stato febbricitante che ha senso il caos, l'orgia, la pazzia a cui lasciarsi andare in balia nel viaggio nelle scure acque dell'inconscio mentre nel cielo splende il Grande Mare sopra le nostre teste (Aquario, Pesci, Delfino, [la nave] Argo).
Non c'è più l'anno vecchio, non c'è ancora l'anno nuovo; la natura è morta, non si è ancora svegliata, siamo orfani della grande Madre e ci lasciamo andare alla pazzia, al sovvertimento delle regole, alla mascheratura, al
fingerci altro-da-sè forse perchè solo con una maschera si può essere sinceri (Wilde:
Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero).
In questo momento dell'anno ripetiamo l'atto di fondazione dell'universo, mimiamo il passaggio dal caos alla creazione; e poco importano le codifiche che le civiltà hanno utilizzato per coprire di significati l'archetipo di base; la nostra spina dorsale, il nostro DNA, sono innervati sui ritmi della terra e ad essi rispondono abbagliandoci con una cesura del tempo lineare che lascia intravedere il tempo mitico che ci strugge con tutte le nostalgie ataviche della Madre che sono in noi.
E' un tempo in cui lasciarsi andare, in cui abbandonarsi alle gioie immediate,
chi vuol esser lieto sia; di doman non c'è certezza; il 'Trionfo di Bacco e Arianna", canto carnascialesco da ricordare con Lorenzo De' Medici godendosi le parole e leggendole subito,
perchè il tempo fugge e inganna, magari sentendolo nella dolcissima interpretazione di Angelo Branduardi.
Quest'è Bacco e Arianna
belli e l'un dell'altro ardenti:
perchè ll tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuoi esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questi lieti satiretti
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han loro posto cento agguati;
or, da Bacco riscaldati,
ballan, saltan tuttavia.
chi vuoi esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate;
non può fare a amor riparo
se non gente rozze e ingrate;
ora, insieme mescolate,
suonan, cantan tuttavia.
Chi vuoi esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Mida vien dietro a costoro:
ciò che tocca or diventa.
E, che giova aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuoi esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arde di dolcezza il core!
Non fatica! Non dolore!
Ciò c'ha a esser convien sia.
Chi vuoi esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Quant'è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuoi esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.