la formazione a distanza e gli enti di formazione

Forse è giunta l’ora di dire qualche parola nuova sulla formazione a distanza, o meglio sul rapporto tra la formazione a distanza e le istituzioni formative.

 

A dieci anni, circa, dall’inizio del fenomeno possiamo permetterci uno sguardo sul passato. Alcuni punti mi sembrano chiari.

1.      Non esiste un concetto chiaro che definisca che cosa sia la FAD: ognuno se ne inventa uno specifico. In generale tutti concordano almeno sul fatto che sia un sistema di formazione assistito dalle tecnologie.

2.      Siamo passati da un concetto di FAD alla base del quale era posta una piattaforma ben definita ad un concetto di uso di micro-tecnologie autonome; siti, blog, messenger etc;

3.      esiste una grande differenza tra la FAD massiccia operata in ambito di formazione aziendale e quella operata in ambito scolastico/ formativo

4.      le tecnologie dell’informazione sono sempre più pervasive; la tendenza non sembra invertirsi, anche supportata dalla diffusione di device mobili con connessioni fisse e dalla cosiddetta 'internet delle cose’ (openspime)

5.      l’interazione con l’informazione assume forme nuove: dai mondi virtuali agli schermi touch-screen, a quelli 'haptici’ oppure a quelli sferici o agli occhiali 3d è chiaro che le future generazioni vedranno come 'piattume’ l’odierna interazione tramite schermo piatto e movimento del mouse

 

In questi dieci anni le istituzioni formative (almeno quelle, pubbliche e private, che ho avuto la fortuna di conoscere) hanno 'subito’ il fenomeno FAD. Ne è stata riconosciuta subito l’importanza perché, al di là del gran parlare che se ne è fatto, chi si occupa di formazione ha intravisto le grandi potenzialità della rete; tuttavia i responsabili delle istituzioni non hanno preso il toro per le corna, si sono lasciati caricare.

Con 'prendere il toro per le corna’ intendo mettersi diligentemente ed umilmente ad imparare come la rete funziona per utilizzare queste conoscenze nel proprio campo di esperienza, cioè a fini didattici.

Con 'lasciarsi caricare’ intendo lo svilire l’intuizione sulle possibilità didattiche abbandonandosi a soluzioni predigerite o semplicemente ben confezionate, all’abilità dei venditori; senza spendersi, senza piegare il mezzo alle proprie capacità professionali, anzi, spesso facendo l’opposto.

 

Il fenomeno ha assunto proporzioni imbarazzanti. Enti di formazione con decine (a volte centinaia!) di anni di esperienza alle proprie spalle anziché utilizzare la tecnica per supportare e sviluppare il loro progetto educativo hanno utilizzato 'a scatola chiusa’ sistemi di formazione preconfezionati lasciandosi incornare o dai venditori o dal miraggio dell’equazione open source = gratis ispirato dal dio della riduzione dei costi.

 

L’operazione che mi sento di suggerire alle istituzioni formative è invece diverso:

  1. destrutturazione del loro piano formativo al fine di trovare i punti cardine, il minimo comune multiplo che ispira  tutte le azioni ed il massimo comune divisore che le tiene insieme; possibilmente declinarle anche in termini di rapporto di comunicazione/informazione in rete
  2. preparazione dei responsabili dei sistemi educativi. E’ impensabile, nell’attuale periodo storico, demandare solo ai tecnici le responsabilità educative. E’ necessario uno sforzo, personale ed approfondito, da parte dei decisori per impadronirsi dei meccanismi di comunicazione della rete. Dal peer-to-peer ai mondi virtuali, ai blog, agli SMS è necessario avere un panorama completo; lo sforzo non può essere una-tantum ma deve essere continuativo impostando  periodici aggiornamenti. Solo in questo modo è possibile guidare il sistema in corso di funzionamento.
  3. utilizzare i punti precedenti per costruire il proprio sistema formativo. La cosiddetta 'piattaforma FAD’ deve scaturire dal piano formativo dell’Ente e ne deve essere espressione. A questo punto ha senso parlare di open source: non per prendere, ma per dare alla comunità il proprio sistema formativo.
 

Un Ente formativo che adotta un sistema FAD prodotto all’esterno rinuncia in gran parte alla propria mission. Facendo il parallelo con la scuola tradizionale, sarebbe come se una istituzione formativa affidasse a terzi la modalità di costruzione e disposizione delle aule, i testi da avere in biblioteca, la logistica scolastica e formativa, le modalità di colloquio tra docenti e studenti, la distribuzione dei testi, l’organizzazione delle presenze etc etc; occupandosi solo delle iscrizioni degli allievi e della loro organizzazione in corsi separati.

Mi si può obbiettare che alcune istituzioni già lavorano in questo modo; rispondo che in tal caso possono continuare ad utilizzare ambienti preconfezionati.

Per chi invece ha a cuore la didattica e le persone penso sia necessario un percorso più variegato e difficile come quello che qui ho prospettato; la costruzione di un sistema formativo, anche al di là degli aspetti tecnologici, richiede cura, attenzione, manutenzione, costanza, attenzione ai tempi.

 

A chi ha una grande esperienza in ambito formativo vorrei lanciare una provocazione tramite una frase che Achille Castiglioni  scriveva nel 1990 per l’architettura:

 

"L'esperienza non dà certezza né sicurezza.

Aumenta, anzi, le possibilità d'errore.

Più passa il tempo, più difficile diventa progettare meglio.

L'antidoto?

Ricominciare ogni volta da capo, con umiltà e pazienza."

 

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