dal lato brutto a cui non si rimedia

Mi tuffa giù.
Questa foto mi prende e mi tuffa giù.
Mi porta via, mi strega sulle note di Lunario di settembre di  Fossati.
Guardo i muri scrostati: rughe di un'architettura che il tempo ha fortificato. E' la foto di un ambiente chiuso, non si sa bene chi abbia le chiavi, forse è stato dei templari, forse no.
In altoil cielo del tramonto, l'ultimo aggancio alla luce. Poi giù, in basso, verso il buio più nero... la luce si perde, si perde la ragione.
 
Italia, tramonto, buio, paura, milleseicento più o meno.
Guardatela grande, questa foto, su sfondo nero: potenza, simmetrie gerarchiche, un putto, una vecchia chiesa sconsacrata o un edificio religioso. Non è un'abitazione.
Lo Stato Vaticano. Il Potere Temporale. La paura, le paure.
La terra, il raccolto, le certezze che diventano incertezze, che spianano territori infiniti dentro l'anima dove non c'è parete, non c'è soffitto: solo buio, solo profondità, caverne di terrore senza eco, paura liquida che inonda le viscere.
Diatribe di paese che s'attorcigliano per avvelenare le vite, l'odio cieco dell'anima persa che vomita accuse inventate.
 
La Menegota è una strega. E sua figlia anche. L'ha detto Mercuria.
 
In realtà Mercuria, che veramente si chiama Maria, l'ha detto perchè odia la Menegota e sua figlia Lucia, pensa le abbiano rubato della canapa; ma non può denunciarle, secondo lei nessuno le crederebbe.
E allora pensa come vendicarsi.
Cosa fare.
Come fargliela pagare.
L'odio avviluppa le sue giornate, finchè non s'illumina della perfidia ottusa del deficiente, e trova il modo: le accusa di essere streghe!
Questa è un'accusa che nessuno prenderà sottogamba, è una cosa importante. Pensatele l'occhio che diventa astuto, la mente che si illumina al pensierio, la vendetta che scalda il cuore.
Sostiene che loro stesse la hanno tentata ad abbandonarsi al demonio: dodici anni prima.
Le tre donne
 
"in tempo di luna al primo quarto
hanno rinunziato al sacramento
del battesimo
seducendosi l'una per l'altra
a commettere tale mancamento
permettendo per maggiore dannazione
delle loro anime
di essere ribattezzate
con una nuova infusione d'acqua
sopra il capo
essendosi sottoposte a tal legame
di obbedienza
al Nemico del genere umano."
 
La Mercuria l'ha detto al commissario di Castelnovo.
Ma succede l'inaspettato: il commissario la mette sotto tortura, Mercuria, perché racconti dell'altro. L'arrestano, tagliandole le trecce, poi l'appendono con le funi fino a spezzarle i polsi e le conficcano cunei di legno tra le dita per spezzarle le ossa delle mani.
Il commissario per indagare sulla faccenda mette  sotto tortura  Lucia (“ma non tagliatemi le trecce, non sono una strega”) e sua madre; perché streghe, e
 
"a ore comode, ai malfatti propizie
erano portate in aria
invisibilmente
in maledetti congressi
dove venivano compiute
diversità e quantità di incantagioni, sortilegi
giochi bestiali ed ereticali."
 
 
Il cancelliere che segue l'interrogatorio è addolorato per la morte della moglie e della figlia.
Lucia, impazzita dal dolore, sotto tortura racconta che è stata Domenica Graziadei, amica di Mercuria, ad uccidere la moglie del cancelliere, mettendole sotto il naso una certa cosa.
Il cancelliere: “In tanto dolore, ho la soddisfazione di avere dalla mia parte il favore del signor giudice, il quale, all'udire quell'orribile notizia, ha comandato che Lucia fosse sottoposta a più severa tortura. Lucia ha urlato come una bestia. Ma che cosa non meritano queste maledette! Anche sua madre è una strega: l'ha accusata lei stessa.”
Quella certa cosa in un successivo interrogatorio Lucia dirà essere composta di “olio comune, finocchio pesto, ravano, aglio, polvere di ossi di morti; a tutto ciò il diavolo ha mescolato una certa polvere”. “Evidentemente”, pensava il cancelliere, “deve essere stata questa l'ingrediente micidiale.”
 
Quindi viene arrestata Domenica Graziadei. Interrogata, nega: “Sono incolpata a torto; fate quel che volete; se mi fate morire, sarò condannata ingiustamente.”
Il cancelliere : ” Qui la tortura era indispensabile per strapparle da bocca la verità. Il giudice fece il suo dovere, e gliene sarò sempre riconoscente.”.
Messe a confronto le donne, Domenica Graziadei continua a negare violentemente, con un diverbio che “il giudice saggiamente stroncò sottoponendo ancora una volta l'assassina di mia moglie ad alcuni tratti di corda.”
Domenica, torturata, confessa. E incolpa altri: Cecilia Sparamani e Maria sua figlia, Santo Peterlino e suo figlio Gratiadei, fabbri; Donato Beltrami, servo degli Sparamani; Giovanni Battista dei Maistri e la moglie Caterina.
In successive torture, Lucia confessa che anche la figlia del cancelliere è morta a causa di una strega che ha preparato un'insalata malefica: si tratta della figlia di Domenica Graziadei, Benvenuta, che a sua volta torturata ha dichiarato che ad altri malefici  hanno contribuito Zinevra vedova di Valentino Chemol e Caterina Baroni detta Fitola.
 
“Che in luna di ultimo quarto
hanno esse confessato le violenze
i venefici, i danni infiniti
le infermità incurabili
alle persone, agli animali.”
 
Lucia confessa delle relazioni col demonio di molte altre persone ma cade in contraddizione, tanto che “Il giudice irritato dalle sua contraddizioni l'ha fatta torturare. La tortura è durata circa dieci minuti fra urli e gemiti”.
Confessa che ha come complice Maddalena Andrei, detta la Filosofa, che prima nega poi, “interrogata”, descrive come si compone l'unguento malefico: “Ecco: si prende un'Ostia consacrata, del sangue di piccole creature, dell'acqua santa, del grasso di bambini morti e si mescola il tutto, pronunciandovi sopra parole segrete della maledizione.”; ha aggiunto di aver essa stessa disseppellito alcuni bambini e di aver aiutato le altre a tagliarli a pezzi e a estrarne il grasso per manipolare l'unguento. Poi la Filosofa si pente, e sorridendo dice d'aver inventato tutto:” un po' per paura, un po' per stupidità, perché speravo che se avessi confessato tante cose, voi mi avreste rimandato a casa.”
Allora il giudice la fa torturare, e lei si ricrede: era tutto vero.
 
Tortura anche la madre di Lucia: ” La tortura di Domenica è durata di più, forse mezz'ora. Non ho mai udito delle grida cosi bestiali, ma non mi sono commosso. La vecchia ha ammesso finalmente di aver preparato l'insalata per la mia Lisabetta.”
 
Altri imputati:
 “Santo Peterlino è stato sottoposto alla tortura. Benché settantenne, ha avuto la forza di negare sino in fondo. E' stata la forza della coscienza, o l'aiuto di Satana? E' una distinzione, che non sono in grado di fare.”
“Caterina Fitola ha confessato di essere strega , di aver rinunciato al battesimo e di aver suscitato temporali.”
“ Anche Zinevra Chemol si è professata strega. La tortura è davvero uno strumento infallibile!”
 
Qui finiscono gli interrogatori.
Tutte le donne furono condannate.
 
***
 
Ora mettetevi nei panni di Lucia.
Mettetevi in questo vortice di abissi di paura che ha sconvolto tutto quello che era tranquilla certezza per diventare panico e dolore.
Mettetevi davanti al giudice che vi interroga, che vi canzona, che vi dice ma se tu, Lucia, sei strega, sei potente, non puoi liberarti da quest'incubo?

Questa la risposta, una delle liriche più alte che porto nel cuore:
 
“Ahi signore
se potesse tutto il male
che mi consuma
mutare la spada tua
in un giro di scale armoniche
ascendenti
o in una strada
che via mi conducesse.
Ma non vale niente che io faccia
che resista o che cada
tu non capisci
è questo il grande lutto
che oscura le mie vesti
ma voglio dirti la verità
dal lato brutto a cui non si rimedia
tu non capisci
è questo il grande male
io non ti amo
è questa la tragedia.”
 
Il 14 aprile 1647, nel luogo designato
davanti ai contadini obbligati ad assistere al supplizio (pena: 25 scudi)
vengono decapitate:
Lucia Caveden, Domenica, Isabetta e Polonia Graziadei,
Caterina Baroni, Ginevra Chemola e Valentina Andrei
i corpi sono bruciati, i resti seppelliti alle Giarre in terra maledetta.
I beni delle donne confiscati.
 
Alla loro memoria.


Nota: i testi in corsivo sono di "Lunario di Settembre" di Ivano Fossati
 
 
 

Le strie di Nogaredo - dal sito del comune di Nogaredo

Sito Acam - cronaca di un processo

il diario del cancelliere

verbale del processo

Le parole della canzone di Ivano Fossati, da un testo di Anna Lamberti Bocconi

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